Le relazioni sociali sono le nuove città

Abbiamo lasciato la città, quattro anni fa, per andare a vivere in un piccolo centro. Di lì a poco le costrizioni della pandemia e i giorni di isolamento che per chi in quel momento aveva un appartamento cittadino sono stati duri e hanno messo a nudo il fondamento su cui è stata immaginata la “più grande invenzione dell’umanità”, per citare un recente libro di Ben Wilson, storico inglese: le necessarie relazioni umane.

Nel termine “necessarie” si nasconde l’impulso antichissimo che ha portato l’uomo a costruire lentamente le città sulla base di interessi e bisogni comuni. Negli ultimi tre decenni del secolo scorso in molti gridavano al fatto che le città avrebbero fagocitato tutto ciò che gli stava intorno. A livello globale in parte è stato vero se pensiamo agli enormi agglomerati urbani asiatici e del Centro e Sud America.

Dalle nostre parti, e la Puglia non fa eccezione, quelle grandi previsioni non si sono avverate. Piani urbanistici degli anni 70/80 che prevedevano il 30-40% di abitanti in più per comuni e città con qualche decina di migliaia di abitanti sono rimasti inattuati. E vale per tutti i centri urbani, grandi, medi e piccoli.

La Puglia, come anche gran parte della nostra nazione è così: una rete di piccoli e medi centri a volte distanti pochi chilometri tra loro. Centri con una doppia vita. La vedi nelle forme degli edifici e degli spazi di fondazione greca, romana, araba, sveva, veneziana, angioina, aragonese contrapposti alle innovazioni degli ultimi due secoli. Lo vedi nei centri maggiori, Bari murattiana fondata all’inizio dell’ottocento, Taranto cresciuta dopo l’unità d’Italia e l’apertura del canale di Suez, Brindisi, provincia solo nel ‘900 per ragioni politiche e commerciali, Lecce da piccolo centro fino alla prima metà del novecento a città raddoppiata nel giro di 30 anni e Foggia distrutta dalla seconda guerra mondiale e cresciuta male durante il novecento. Per non parlare di tutta la rete degli altri 252 comuni di cui 88 sotto i 5000 abitanti. Poi la stasi demografica degli ultimi decenni, un momento di pausa per immaginare un futuro diverso per le nostre città. Grazie ad internet, altra grande invenzione, abbiamo iniziato ad immaginarci in una rete, una fitta rete di relazioni spazio temporali molto più interessante di un solo centro urbano. In Puglia poi, oltre alla tecnologia ci si è messo per fortuna anche il nuovo piano paesaggistico (Pptr) ad offrire scenari prima per niente esplorati. Il così detto patto città-campagna, ad esempio, nel Pptr inserisce l’esistenza dei centri pugliesi in un rapporto complesso di reciproco scambio con il territorio tra cibo, servizi, residenza, svago ed ecologia.

Diventa una grande occasione per rilanciare i centri urbani sotto un profilo più smart, più vicino alle esigenze del cittadino del terzo millennio con processi di rigenerazione urbana e umana secondo tre fondamenti: potenziamento dell’infrastruttura verde per donare ossigeno ai nostri centri e abbassare le temperature e dotazione di nuovi servizi come scuole, commercio, impianti sportivi tutti da immaginare come spazi multifunzionali e attrattivi dove poter passare una piacevole serata estiva o un caldo pomeriggio primaverile; potenziamento dei collegamenti ciclabili e delle zone 30 la dove non è possibile inserire piste ciclabili tra centro storico, aree residenziali dense e periferie fino alle strade rurali, collegando ancora una volta in modo intelligente i servizi, le scuole, i parchi, le aree commerciali.

I dati sul potenziamento delle piste ciclabili sono statisticamente ancora poco leggibili ma visivamente incoraggianti per la nostra regione proprio per gli sforzi fatti negli ultimissimi anni; la rigenerazione urbana come strumento di ricambio edilizio e come occasione per potenziare il tema del social housing. Puntare sull’edilizia sociale di qualità è il grande tema del futuro che possa contrastare il sempre vivo fenomeno dell’abusivismo, per calmierare i prezzi di vendita e affitto e per andare incontro ad una società in grande cambiamento in cui soprattutto gli under 40 non possono più permettersi una casa di proprietà e, anzi, da indagini sociali sembra che proprio non la vogliano. Abbiamo lasciato la città, anzi il vecchio concetto di città e abbiamo scoperto la fitta rete dei centri fatti di relazioni sociali, spaziali, verso una nuova mobilità e una nuova aria da respirare, verso uno spazio urbano che come scriveva Aristotele, non “si costruisce semplicemente perché i suoi membri possano vivere, ma perché possano vivere bene.

Juri Battaglini – Architetto

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