Le pezze a colori per arrivare a una monarchia assoluta

Nel Sud d’Italia, si dice spesso, mettere le “pezze a colori”; serve a significare un modo truffaldino di simulare, imbrogliare i discorsi, di trovare un sotterfugio per camuffare piuttosto che trovare una soluzione. Attraverso l’abbaglio dei colori si riescono a nascondere grossolane mancanze. Non discorsi da giureconsulti o filologi quindi. Ma tant’è, pare che i nostri legislatori, ormai da tempo, si siano abituati a legiferare mettendo, appunto, “Pezze a colori”.

Si legifera a spot; si copre un buco – un vuoto legislativo – che, inesorabilmente, aprirà un altro buco e si va avanti così senza che si abbia la minima visione, di attuare una modifica legislativa di ampio respiro che, attraverso la certezza del diritto, dia credibilità alle istituzioni ed al legislatore. A questa poco ortodossa pratica, si aggiunga l’alternanza delle maggioranze e la frittata è servita.
Sulle riforme Costituzionali ad esempio. solo per ricordarne le date, la prima “pezza a colori” l’abbiamo messa nel marzo del 2001 con la riforma Costituzionale del titolo V; una riforma che non è servita a nulla, tranne che ad aggravare la situazione economica e debitoria dello Stato. Ci si è riprovato con la riforma Costituzionale Renzi-Boschi del 2016 che il Parlamento aveva approvato ma che, grazie a dio, il referendum ha bocciato. Anche qui, una riforma più complessa, volta ad abrogare il bicamerilismo paritario, a ridurre il numero dei parlamentari, a sopprimere il Cnel e a riformare ancora una volta il titolo V della Costituzione.

Earriviamo alla riforma costituzionale del 2020 che sotto la spinta populistica di Movimento 5 Stelle e Lega, modificando gli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione ha ridotto drasticamente il numero dei parlamentari, come confermato dal Referendum del 20 e 21 settembre. Nella sostanza, si è fatto credere agli italiani che, come dice Cettolaqualunque si bevono qualsiasi cosa, che riducendo il numero dei parlamentari si sarebbe sanato il bilancio dello Stato.
Risultato: il debito pubblico non è mai aumentato così tanto come dopo questa riforma. Ma, peggio, essendo diminuiti i parlamentari, l’unica evidenza appare una grave e drastica riduzione delle rappresentanze territoriali e dei loro legittimi interessi. Infine, a soverchieria, si è garantito un maggior controllo degli eletti ai soliti capibastone. A dirla tutta, una ulteriore compressione del sistema democratico. In tutto questo folkloristico bailamme, la legge più importante, che dovrebbe stare alle base di tutte queste riforme, rimbalza da un gruppo parlamentare all’altro, senza mai approdare all’aula per la discussione ed il voto: stiamo parlando della legge per la riforma elettorale. Che non si mettano d’accordo appare chiaro: ognuno tenta di cucirsela addosso secondo i propri interessi e tornaconti.

Ma, il Governo Meloni, da un lato non vuole sottrarsi a questo impegno e dall’altro, non gli par vero di poter fare un blitz e modificare la Costituzione in modo da assicurarsi una sorta di ‘monarchia assoluta’; questo nella sostanza il succo della legge sul Premierato, sulla riforma della Giustizia e sulla Autonomia differenziata. E, mentre da noi è la solita babele delle servili tifoserie di parte, arriva la perentoria voce della Commissione europea che, inequivocabilmente e inesorabilmente boccia il pacchetto di riforme del governo Meloni, facendo proprie le autorevoli osservazioni dell’associazione nazionale dei costituzionalisti. Nella sostanza si osserva: la riforma della Giustizia così come è concepita, mina l’indipendenza della magistratura; la ‘norma Costa’ in merito al divieto di pubblicare atti giudiziari, mina la libertà di stampa; non esiste una legge sul conflitto di interessi; la riforma sul Premierato, da un lato riduce e dall’altro esautora le funzione del presidente della Repubblica rendendo completamente sbilanciati i poteri dello Stato in netto favore del Capo di Governo che, miscelando tutte queste ‘pseudoriforme’ si garantirebbe, se vogliamo essere benevoli, una sorta di monarchia assoluta. Se invece, vogliamo fare peccato e vogliamo pensare male, queste riforme non sono più neppure l’anticamera di un regime, sono l’instaurazione di un regime vero proprio.

Parafrasando un famoso motto inglese, viene da dire: «Dio salvi l’Italia», perché gli italiani sono troppo impegnati con la Casa del Grande Fratello, Temptation Island e mille altre corbellerie simili, volte al rimbecillimento collettivo che, pare funzionare benissimo.
Meditate gente, meditate!

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