Chi si aspettava o temeva svolte radicali del nuovo governo sui temi di politica economica è rimasto deluso. Meloni si è mossa prudentemente e il decreto “Aiuti” si colloca nel sentiero tracciato da Draghi, accrescendo di altri 9,4 miliardi di euro il pacchetto di aiuti e portando i fondi stanziati per fronteggiare l’emergenza a 70 miliardi. Sulla questione più urgente dell’inflazione energetica, il governo aumenta l’importo del “fringe benefit” (indicato come bonus bollette) già previsto dal Decreto Aiuti bis, da 258,23 a 600 euro, per tutto il 2022. Si tratta di un beneficio erogato dai datori di lavoro ai dipendenti direttamente in busta paga per sostenere i costi delle utenze domestiche per acqua, gas ed elettricità. Viene poi prorogato fino a fine anno il taglio di 30,5 centesimi delle accise sui carburanti. È esteso, sempre fino alla fine del 2022, il credito d’imposta, pari al pari al 40% per le imprese energivore e al 30% per imprese piccole che usano energia con potenza a partire dai 4,5 kW. Una ulteriore agevolazione è prevista a favore delle imprese con la rateizzazione delle bollette per le somme eccedenti l’importo medio contabilizzato nell’anno 2021, a parità di consumo per il periodo dal primo ottobre 2022 al 31 marzo 2023 (l’importo potrà essere diviso dal fornitore al massimo in 48 rate mensili). Infine sul fronte della proclamata “autarchia” energetica, il governo rilascerà nuove concessioni per l’estrazione in zone di mare tra le 9 e 12 miglia dalla linea di costa, in un tratto di mare “compreso tra il 45esimo parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po”, per i giacimenti con una riserva certa di almeno 500 milioni di metri cubi di gas.
Con questi provvedimenti l’Italia si colloca al terzo posto in Unione europea per ammontare di aiuti. Germania e Francia hanno stanziato rispettivamente 264,2 e 71,6 miliardi. La manovra tedesca è stata imponente, pari al 7,4 % del Pil: risorse necessarie, del resto, per un Paese che ha 83,13 milioni di abitanti, inverni freddi e ampie disponibilità di bilancio. Più contenuti i provvedimenti francesi, pari al 2,9% del Pil. L’Italia utilizzerà risorse pari al 3,5% del Pil. In rapporto al Pil nazionale, meglio di noi per fronteggiare il caro bollette hanno fatto: Malta (7,7%), la Lituania (6,6), la Grecia (5,7) e i Paesi Bassi (5,3). Secondo la Cgia di Mestre, i 26 Paesi Ue (manca il dato per l’Ungheria) hanno stanziato per famiglie e imprese 566,2 miliardi di euro, pari al 3,9% del Pil europeo: l’Italia è sotto la media europea. Il governo Meloni non ha raschiato il barile, attingendo di fatto solo a quanto lasciato in eredità da Draghi, non sono stati utilizzati i 5 miliardi recuperabili dai Fondi strutturali 2014-2020 non ancora spesi o impegnati. Secondo la Cgia, la cifra idonea a sterilizzare l’inflazione energetica ammonta ad almeno 20 miliardi: il governo ha quindi stanziato la metà del necessario. E lo ha fatto privilegiando, come il governo Draghi, il lavoro dipendente, attraverso il fringe benefit, lasciando di fatto le fasce marginali della popolazione all’assistenza su istanza che non raggiunge tutti i potenziali beneficiari. Parte rilevante della fascia marginale sociale, concentrata al Sud, potrebbe essere esclusa dai benefici aggravando la diffusione della povertà energetica che in Campania, Calabria e Sicilia coinvolge tra il 13 e il 22% della popolazione. Molti benefici escluderanno parte del debole apparato produttivo meridionale. Le prospettive non sono rosee: se il governo mantiene la politica di rigore impostata da Draghi, non ricorrendo a nuovo debito, altre risorse potranno essere recuperate solo attraverso tagli della spesa pubblica (sempre più esigui, in quanto il 90% della spesa complessiva è di fatto incomprimibile, essendo costituita da pensioni, prestazioni sociali, sanità, interessi passivi sul debito pubblico, retribuzioni dei dipendenti pubblici, investimenti, consumi intermedi) e si dovrà quindi procedere a razionamenti energetici che avranno ulteriori effetti negativi sulla congiuntura. E il conflitto diplomatico aperto con la Ue certo non ci aiuterà.
Rosario Patalano è economista