Le liste di attesa si abbattono con i concorsi

Eccoci ancora qui, dopo anni che se parla, ad interessarci del problema liste di attesa che, purtroppo, non trova una soluzione adeguata perché, l’ottica con la quale è affrontato, è sempre quella sbagliata.

Sono stati sparsi, fino ad ora, fiumi di inchiostro sui giornali, fiumi di parole nelle radio e nelle tv, dalla politica, dagli opinionisti, dai cittadini, insomma, da tutti. Ognuno, a torto o a ragione, adducendo una motivazione ed una soluzione del problema.

Ma le liste d’attesa imperterrite continuano ad essere lì, a turbare i bisogni di salute delle persone, specie dei più fragili. Un problema, tra l’altro, comune in tutte le Regioni italiane. Allora, è alquanto evidente che quanto fatto fino ad ora non va nella direzione giusta e che l’approccio non può che essere un altro e che da anni ripeto. Sicuramente, lo dico già dal governo regionale con presidenza Vendola ed assessore alla salute Gentile, ma anche da prima perché il fenomeno già si affacciava all’orizzonte e l’unica motivazione che da sempre, è venuta sulla bocca di tutti è stata “l’intramoenia dei medici”.

Iniziamo da questa: non la voglio difendere ma non voglio neppure demonizzarla, è una legge ben normata e se ben applicata e controllata, non è assolutamente la causa principale delle liste di attesa ma, nelle intenzioni del legislatore fornisce al cittadino la possibilità di scegliere il medico a cui rivolgersi e di pretendere un determinato rapporto contrattuale.

Certamente prevede una spesa “out of pocket” ma, al tempo della sua istituzione, era una opportunità fornita alle persone piuttosto che una scelta legata alla necessità di farsi visitare presto.

Se la analizziamo senza preconcetti, dobbiamo sapere che queste prestazioni sono svolte al di fuori dell’orario di lavoro. Cioè il medico fa in ospedale il proprio orario di lavoro con orologio marcatempo e, finito il lavoro, può fare attività intramoenia che non può, come numero di prestazioni, essere maggiore delle prestazioni fatte per l’ospedale, salvo sanzioni. E, questa, è la prima verità.

La seconda è che non tutti i medici la fanno regolarmente e che, per molti, il numero delle prestazioni è davvero irrisorio. La terza verità è che non si può dire a questi medici di fare, in alternativa, le prestazioni con la mutua invece dell’intramoenia perché, come ho detto, trattasi di attività fatta fuori dell’orario di lavoro e dopo che è stato effettuato il proprio lavoro istituzionale.

Tempo che sarebbe stato diversamente utilizzato per fare ciò che ognuno vuole fare nel proprio tempo libero ma che non può essere utilizzato “d’imperio” per fare un surplus di lavoro contravvenendo alle norme contrattuali. Questa è la realtà dei fatti. Se, poi, vi sono abusi allora è corretto sanzionare i medici che non rispettano le norme.

Tolta di mezzo l’intramoenia passiamo ad una analisi più serena. Seconda domanda: i medici fanno il proprio dovere in ospedale oppure bighelloneggiano perdendo tempo e lasciando, insensibilmente, le povere persone che hanno bisogno di prestazioni sanitarie, ad allungare le liste di attesa? Credo che sull’impegno quotidiano dei medici sul posto di lavoro non si possa dire nulla.

Lo abbiamo visto con il CoViD e lo vediamo tutt’ora quanto questi professionisti si impegnano a fare il proprio lavoro con grande onestà morale, regalando ore ed ore alle amministrazioni pur di completare la propria attività assistenziale. Sfido chiunque a segnalare il contrario. Perciò, escludiamo che i medici siano dei perditempo e che le liste aumentano per questo.

E prendiamo in analisi le prestazioni aggiuntive che le Regioni, anche la Puglia, hanno finanziato per abbattere le liste di attesa. I medici hanno fatto anche queste, lavorando con turni in più per visitare le persone. Ma tutto questo non è bastato. Allora neanche questa è la strada giusta.

Quindi, la domanda retorica è: vuoi vedere che alla fine il problema risiede nella carenza dei medici e degli altri operatori sanitari? Sono anni che lo dico io, lo dicono gli Ordini, le Società Scientifiche, Gimbe, lo dicono tutti. Solo la politica non lo recepisce. Perché il personale è visto come un costo e non come una opportunità per far funzionare il SSN. Altrimenti si sarebbe tolto il tetto di spesa per le assunzioni fermo al 1994, con una ulteriore riduzione percentuale, e si sarebbe provveduto a ricostituire gli organici per far funzionare adeguatamente gli ospedali ed abbattere finalmente le liste di attesa.

Le liste di attesa si abbattono facendo i concorsi, non ci sono altre soluzioni, tutto il resto sono solo schermaglie dialettiche!!!

Franco Lavalle – Segretario regionale e vice presidente Ordine dei medici e chirurghi di Bari

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