C’è un ragazzo dai capelli rossi, si chiana Jannick Sinner, gioca a tennis e il suo talento sta facendo impazzire il mondo intero. Questo meraviglioso dono cadutoci dal cielo, sembra essere diventato patrimonio di un intero Paese. Ma è veramente così?
Senza alcuna velleità moralistica e senza scandalizzare alcuno, voglio dire da subito che Sinner non è l’Italia. Puntualizziamo: se qualche becero cretino sta pensando che questa mia affermazione derivi dal fatto che lui è altoatesino, si metta il cuore in pace, ho un patrimonio culturale molto diverso da quello del neo onorevole Vannacci e del suo partito.
Partiamo proprio da qui: ad esempio, quelle centinaia di migliaia di persone che hanno votato Vannacci, non hanno nulla e non possono avere nulla a che spartire con Sinner; non possono, quindi, per luce riflessa, vantare la loro italianità impadronendosi di quel modello.
Ci sono 60 milioni di italiani che si spellano le mani ad applaudire Sinner, ad osannarlo e a dare, attraverso di Lui una bellissima immagine dell’Italia. Ma non è così. Io colgo, invece, la solita furbizia italiana e la sua ‘meravigliosa’ ipocrisia. Facciamo qualche esempio. Come non citare i leoni da tastiera e qualche pseudo giornalista, che hanno cominciato a osservare ed insinuare, poco ortodosse pratiche, nel non pagare le tasse in Italia.
Un tentativo meschino di sporcarne l’immagine, dettato da quella insana invidia, che fa nascere un sentimento malevolo nel considerare il bene altrui come lesivo del proprio. Sinner non conosce l’invidia e, conseguentemente, gli invidiosi non possono utilizzarlo come loro modello. Scriveva F.S. Fitzgerald: «Niente è così odioso come la fortuna degli altri».
Ma poi, io credo che faccia benissimo a pagare le tasse all’estero, non per il fatto principale che quei guadagni sono fatti fuori dal territorio nazionale e che lui risiede effettivamente all’estero; no, non per questo, ma per un motivo molto più serio. Sinner non dovrà mai porsi un problema esistenziale, che io e molti altri italiani che pagano le tasse ci poniamo spesso; e cioè: i soldi che noi versiamo allo Stato, serviranno a pagare infermieri, medici, polizia, carabinieri, a costruire ponti, ospedali e strade o serviranno a dare lo stipendio a Gasparri, Santanchè, Fratoianni e via discorrendo?
Guardate che il distinguo è drammatico.
Lo volevano portare a Sanremo. A quel Festival modello di serietà, bon ton, educazione, sobrietà e correttezza. E Sinner, che ha canoni di riferimento completamenti diversi, con signorilità ha declinato l’invito.
Se, qualcuno lo seguisse seriamente e ascoltasse le sue interviste, anziché gioire solo dei risultati, scoprirebbe che Sinner parla della sua famiglia, dell’esempio di suo padre e di sua madre, del loro lavoro, della loro serietà nelle scelte difficili che la vita di tutti i giorni gli ha imposto, del piacere dopo una giornata di duro lavoro, di condividere con i figli momenti di gioia.
Parla di impegno, di fatica, di sacrificio. Parla, cioè, di cose che molti italiani non capiscono o fanno finta di non capire.
Un Paese nel quale la ‘raccomandazione’ è la ‘Stella Polare’, cosa può avere a che spartire con Sinner? A tennis non si vince per raccomandazione, si vince per merito. Se parli di meritocrazia ai nostri governanti, scappano, non rispondono. Non posso neppure scrivere si vergognano, perché la vergogna non sanno più dove stia di casa. Oppure, chiediamolo alle decine di migliaia di studenti che scappano dai concorsi – truccati – italiani per andare a vantare i loro meriti all’estero dove, puntualmente, vengono apprezzati.
Sinner sa che i risultati che lui ha raggiunto sono frutto di un duro lavoro, ma sa anche che se sbagliano a chiamare una pallina dentro o fuori, dice che è un gioco e che fuori dai campi da tennis ci sono cose più importanti sulle quali discutere. Sinner in campo affronta gli avversari, dai più blasonati a quelli meno, con lo stesso rispetto. Ha rispetto dei luoghi e del pubblico e ne riceve lo stesso rispetto oltre che l’ammirazione per il suo talento. Sinner è entrato nel cuore della gente per la sua umiltà. Mai sopra le righe e con la riservatezza che nel mondo globalizzato dei social può apparire una bestemmia. Sinner è l’antitesi degli influencer.
Sinner è l’Italia che vorremmo.
Bentornato,
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