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Le ipocrisie su carcere, sanità e scuola

Scuola, ieri è squillata la campanella: cori di auguri ai nostri ragazzi, al personale docente e anche a noi genitori che affidiamo i nostri figli per 9 mesi circa alla comunità scolastica, l’unica sub comunità che dura quasi quanto tutto l’anno solare, operando per accrescere la cultura e le competenze e per concorrere alla crescita educativa della Nazione. La scuola è però anche integrazione degli alunni diversamente abili, affidata ai servizi di Comuni e Ambiti territoriali sociali, in una difficile collaborazione che renda concreto in tutta Italia, senza disuguaglianze, un modello che garantisca il diritto allo studio e all’inclusione dei nostri ragazzi speciali.

Insegnanti di sostegno insufficienti e reclutati spesso senza titoli, mancata specializzazione per la presa in carico delle disabilità comportamentali, organici a regime settimane dopo l’inizio dell’anno scolastico. I dati ci dicono che gli insegnanti italiani, ogni 100 studenti, sono nella primaria 9,7 contro i 5,9 nei Paesi Ocse; nella secondaria di primo grado 9,7 contro i 7,3; nella secondaria di secondo grado 8,7 contro i 7,9. Problemi di numero non paiono essercene, se ci riferiamo ai valori assoluti.

Se andassimo a guardare gli stipendi vedremmo che i numeri invece non quadrano: ad esempio un docente in Germania guadagna 45mila euro l’anno, allo stesso livello di carriera molto molto meno avviene per l’omologo italiano. In sintesi gli insegnanti non mancano, gli stipendi sono anormalmente bassi sulla logica antimeritocratica e mortificante del guadagnare meno e lavorare tutti, mentre il numero di precari abbonda e per una strana contingenza astrale non si riesce mai ogni anno ad avere un contingente stabile che abbia passato un concorso pubblico (quindi verificando i requisiti di accesso), nonostante gli alunni decrescono di anno in anno. Per non parlare del personale Ata che in Italia non entra per concorso, ma per cumulo di esperienze, alla faccia di chi deve fare un concorso per entrare normalmente in qualunque altra pubblica amministrazione. Che si tratti di pessima programmazione è certo, ci domandiamo se la scelta è consapevole o no da parte dei nostri decisori politici, nei confronti di quello che viene definito (a parole) tra i beni più cari della nostra Nazione: la scuola e quindi le future generazioni.

Carceri: è noto che sono sovraffollate, ma tali restano e tutti i progetti di giustizia riparativa stentano a partire così come quelli di edilizia carceraria. Per non parlare della pena la cui funzione rieducativa è nota solo per non essere realizzata e quindi, nella sua sostanziale assenza, per la sua funzione punitiva. Ma la vera punizione è dei familiari del recluso, in particolare i figli minori, privi di qualunque presa in carico stabile e infrastrutturata, condannati a una sorte non molto diversa dai padri e dalle madri, tra povertà educativa che spesso sfocia in devianza per diventare una condanna futura ad ereditare gli errori dei genitori anche quando questi si sono veramente pentiti. Che questa sia una verità oggettiva è noto, ci domandiamo se il comportamento inerte ed omissivo dei decisori politici, come per la scuola, sia colpevole o no, anche qui nei confronti di quelli che vengono definiti gli esseri più cari alla Nazione: i bambini.

Sanità: secondo i dati Eurostat 2019 l’Italia aveva 405,7 medici ogni 100mila abitanti, contro la media europea di 390,6. Ne abbiamo circa 69 in più della Francia, 34 e 35 in meno della Germania e della Spagna. Con 83 milioni di abitanti la Germania ha circa 1914 ospedali e 800 posti letto ogni 100000 abitanti, l’Italia 314 posti letto con poco più di mille ospedali e cliniche. La media europea è 537,84 posti letto ogni 100mila abitanti (dato 2018). È evidente che non può essere un dogma il fatto che i medici in Italia sono pochi, perché proprio pochi, in valore relativo, non lo sono. Forse è l’organizzazione sanitaria che non è adeguata. Che quanto dichiariamo sia una verità oggettiva scaturita da una banale analisi dei numeri pare lapalissiano, ci domandiamo anche qui come per scuola e carceri, quanto sia doloso o solo colpevole per negligenza il comportamento dei decisori pubblici a tutti i livelli, anche qui, nei confronti della salute della popolazione che è la cosa di più caro che abbiamo.

Tre settori, tre temi, tre fragilità possibili in campo, che dimostrano o per lo meno mettono seriamente in dubbio l’amore che ha l’Italia di se stessa e fanno vacillare un’informazione che pare spesso orientata, anzi trascinata da notizie prive del rigore sulla loro fondatezza. Ma questo rigore i bambini, i malati e gli studenti del nostro Paese non lo meritano proprio? E chi si candida a governare il Paese, senza eccezione di schieramento, nel corpo non sente proprio il brivido della coscienza e della propria inadeguatezza? Ovviamente chi scrive non lo fa per demolire, ma per costruire e per essere smentito prima possibile, come chi banalmente vuole bene a se stesso e agli altri.

Gianluca Budano è welfare manager

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