Il referendum su lavoro e cittadinanza ha riacceso il dibattito tra chi vede nell’astensione una forma di boicottaggio del voto e chi, invece, un diritto. Nessuno, però, si è posto una domanda fondamentale: per quale motivo gli italiani, in particolare i pugliesi, dovrebbero andare alle urne? La questione, in effetti, è tutta qui. Perché, ogni giorno che passa, la politica si conferma sempre più scollegata dalla realtà. E, anzi, molto spesso sembra procedere in una direzione contraria rispetto a quella indicata dalla volontà popolare. L’esempio lampante è offerto dalle elezioni regionali del 2020. A giudicare dalle inchieste della Procura di Lecce e prima ancora di quella di Bari, quella tornata elettorale sembra essere stata un “buco nero” nel quale si sono concentrati comportamenti illeciti o almeno moralmente deprecabili. Partiamo dai fatti recenti. Secondo i pm leccesi, Alessandro Delli Noci, nel 2020 candidato nella civica di centrosinistra Con, avrebbe agevolato alcuni imprenditori in cambio di sosteno elettorale, totalizzando alla fine 17.200 voti e incassando la nomina ad assessore regionale allo Sviluppo economico. Non finisce qui. Dalle carte dell’inchiesta leccese emerge il presunto sabotaggio della Lega ai danni di Raffaele Fitto, nel 2020 candidato alla presidenza della Regione per la coalizione di centrodestra della quale lo stesso Carroccio faceva parte. Da Lecce a Bari, dove è stato chiesto il processo per Anita Maurodinoia: secondo la Procura, parte delle 20mila preferenze riportate dall’ex assessora regionale ed esponente del Pd sarebbe stata comprata per 50 euro a voto o con la promessa di un posto di lavoro.
Aquesto punto è doverosa una precisazione: sarà la magistratura a fare chiarezza su Alessandro Delli Noci e Anita Maurodinoia, entrambi non colpevoli fino a sentenza definitiva. E lo stesso discorso vale, a maggior ragione, per i vertici regionali della Lega i cui nomi emergono dalle carte dell’inchiesta leccese ma che non sono nemmeno indagati. Il problema, però, è l’effetto psicologico che certe vicende giudiziarie e certi retroscena politici rischiano di scatenare sugli elettori, anche a prescindere dall’esito delle inchieste e degli eventuali successivi processi. Perché un elettore dovrebbe andare a votare col sospetto che alcuni candidati beneficino o abbiano beneficiato di certi “aiutini”? Perché un elettore dovrebbe andare a votare col sospetto che il candidato presidente da lui scelto venga sabotato dai membri della sua stessa coalizione? Perché, infine, un elettore dovrebbe andare a votare sapendo che la sua volontà rischia di essere distorta, calpestata o ignorata? Insomma, il timore è che le inchieste sulle regionali del 2020, senza dimenticare quelle che riguardano le comunali baresi del 2019, allontanino definitivamente i pugliesi dalla politica.
Anche perché l’ennesima bufera giudiziaria, cioè quella in cui è coinvolto Delli Noci, si scatena in un momento in cui il Consiglio regionale è paralizzato dalle fibrillazioni interne e l’intera classe politica pugliese (senza distinzione di colore) è impegnata in una insopportabile discussione sulla riforma elettorale, al solo scopo di difendere strapuntini e rendite di posizione. E, nel frattempo, il dibattito sul futuro langue: non si parla di progetti strategici, della necessaria bonifica morale della politica, dell’altrettanto indispensabile lotta al trasformismo e così via. Se il contesto complessivo è questo, è lecito attendersi che gli elettori si allontanino in misura sempre più consistente da una politica inconcludente e autoreferenziale. E, come insegna lo scandalo “Codice Interno”, chi si allontana dalle istituzioni finisce per avvicinarsi alla criminalità, paradossalmente ritenuta più affidabile, pragmatica ed efficace della politica. E questo è un rischio che la Puglia non può più correre.