Un libro, un romanzo, un grido di dolore e di speranza dedicato all’universo femminile, alle donne, alla donna. L’autore, Pasquale Gallicchio, prova a fare della sua Irpinia, della sua Bisaccia, la location di un mondo che ci interroga sul disagio quotidiano della donna di ieri e di oggi.
La Prima Madre squarcio un velo di “mancata verità storica”, quando con Nezel, arrestata a Napoli dai fascisti perché ebrea e “deportata” nel campo di internamento a Solofra in provincia di Avellino. Uno dei tre campi: Montefortr Irpino, Ariano Irpino e Solofra. Uno spaccato di verità nel campo “dedicato alle donne”. Una storia orribile di sofferenze, abusi, umiliazioni di un tempo che pare non si riesca a consegnare alla storia.
«La notte a Solofra era senza tempo. Nelle poche occasioni in cui chiudevo gli occhi, lentamente rilassavo il corpo ridotto a un dolore unico. Assumevo la solita posizione supina, immobile».
Il lungo viaggio de La Prima Madre passa per Aziza e la terribile storia di integrazioni mancate, violenze subite, umiliazioni che ancora oggi la donna è costretta a pagare. Il tema dei migranti non affrontato e governato dalla politica ma solo attraversato da riposte ingiuste, approssimative e sbagliate.
I centri di internamento tornano tristemente alla ribalta come stiamo vedendo in questi giorni con i campi in Albania. Aziza parla di riscatto, voglia di studiare, crescere e lavorare in un mondo libero. A Bisaccia, Sandra, artigiano del telaio, è costretta ad andare via, ad emigrare al nord. Un dolore immenso che vede ancora una volta la donna subire scelte di altri. Un distacco dalla comunità che la vede pagare u prezzo anche dal punto di vista dell’amore perché è costretta a lasciare il suo uomo che non vuole emigrare. Aziza incontra Gessica la nipote di Sandra che ha rilevato il telaio e rimesso in moto la bottega artigianale. Le due donne insieme lanciano la difficile sfida del lavoro, dell’intrapresa dove come sempre gli ostacoli non mancano mai.
Nei piccoli Comuni per le donne è ancora più difficile affrontare il domani. Anna Maria è chiamata a decidere se andare via o restare. Una giovane madre che pensa al futuro dei figli, ai servizi che non ci sono e al disagio che diventa tormento. Il romanzo stimola una discussione anche sulla scuola, ridotta e mero esercizio burocratico, nozionistico e per nulla luogo di valori ed elaborazione di pensiero critico.
Una riflessione sulla violenza domestica, sui rapporti di coppia e sulla incapacità di gestire un fenomeno di violenza sempre di più straripante nel nostro quotidiano. È il caso di Beatrice che vede il suo matrimonio crollare e prova in tutti i modi a rimettere in fila le cose. Una violenza continua, quotidiana, quasi dovuta che diventa assuefazione, rassegnazione, incapacità di reazione se non ci fosse l’intervento fermo della figlia che denuncia il Padre, l’uomo, il marito.
Il libro scava la provincia, scuote le aree interne, attraversa i sogni e le speranze di una generazione che prova ad alimentare il sogno del domani. Le cronache sono ormai sature e la pubblica opinione quasi annoiata. Occorre invece una frustata, un colpo di reni per rimettere mano al dovere di un diritto non un favore alla donna.