L’autonomia? Senza i Lep è una rapina

Tutti i pericoli derivanti dall’attuazione del secondo comma dell’articolo 116 della Costituzione, in tema di regionalismo differenziato, sono ben manifesti nelle parole di uno dei suoi maggiori e più autorevoli sostenitori, il professore Mario Bertolissi (“Corriere del Veneto”, 19 gennaio), componente del comitato per la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) presieduto da Sabino Cassese: «Attuare l’articolo 116 della Costituzione non implica la definizione dei Lep, prevista da una autonoma disposizione che avrebbe dovuto essere realizzata quantomeno dal 2001. Se oggi si è inteso abbinare una disposizione a un’altra, bisogna sapere che i Lep, funzionali all’eguaglianza, sono preordinati all’equilibrio fra i territori. Ora, per realizzarli, potrebbero servire somme ingenti, il che ostacolerebbe l’obiettivo dell’autonomia, nel dissesto in cui versano le casse dello Stato».

In pratica, lo studioso riconosce che i Lep da assicurarsi in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale avrebbero dovuto (il verbo non è casuale) essere fissati dal lontano 2001; che i Lep sono “funzionali all’eguaglianza” e “preordinati all’equilibrio fra i territori”; che per “realizzarli, potrebbero servire somme ingenti”, troppi per lo stato delle nostre disastrate finanze pubbliche. A questo punto emerge tutta l’assurdità della conclusione: si tralascino i Lep, giacché altrimenti l’autonomia non si farà mai, e si realizzi il regionalismo differenziato. Che, ovviamente non potrebbe che aumenterebbe i divari territoriali.

È vero che la previsione dei Lep (art. 117 , co. 2. lett. m) e il regionalismo differenziato (art. 116, co. 2) sono disposizioni diverse ma non per questo prive di collegamento. Il collegamento è la trama repubblicana. C’è un prius e un posterius: come facciamo a dare più poteri alle Regioni se non le abbiamo prima messe in condizione di dimostrare quali sono le migliori in ciascuna delle “politiche”? Ciò presuppone non solo la determinazione, ma anche l’effettivo finanziamento dei Lep, vale a dire dei diritti fondamentali civili e sociali, quantomeno nelle materie (concorrenti) che si intende devolvere alle Regioni. C’è una differenza concettuale enorme tra una previsione costituzionale doverosa, inerente all’eguaglianza giuridica dei cittadini che non è realizzata – quella relativa ai Lep – in violazione delle chiare prescrizioni costituzionali, e la mancata attivazione di una facoltà di devolvere ulteriori competenze legislative alle Regioni. Il regionalismo differenziato non va demonizzato, ma presuppone materie perequate per non essere rapina. Soltanto a parità di opportunità si potrebbe affermare che alcune Regioni meritano ulteriori competenze perché riconosciute eccellenti, i target di riferimento, e fare da sprone alle altre. Oggi la mancata perequazione e fissazione dei “costi standard” sfavorisce, e di molto, il Sud.

Da qui la follia di una richiesta di attivazione delle intese in tutte le materie devolvibili senza aver dato alcuna dimostrazione di maggiore efficienza. Attualmente soltanto la sanità è perequata, sia pure con il peso di alcuni parametri distorti utilizzati in passato. Per il resto solo singole porzioni di altre materie, come gli asili nido comunali (superando i famosi “zero al Sud”) e il trasporto scolastico dei disabili lo sono, e comunque a regime entro qualche anno. Il resto, la massima parte, è da fare. Il regionalismo differenziato oggi non è altro che una fuga in avanti di Regioni in declino in un Paese in declino secondo una logica da “si salvi chi può”. L’intento è strappare pezzi di bilancio pubblico riducendo le garanzie per la sostenibilità del debito e l’effettività dei diritti fondamentali a tutti gli italiani. Un disegno pericoloso, apertamente ostile all’unità nazionale.

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