Il progetto di Autonomia Differenziata del Governo Meloni è un attacco alla costituzione, all’unità e alla solidarietà del Paese. Si rischia di dividere l’Italia tra Regioni ricche e povere, tra aree sviluppate e zone povere, presenti soprattutto nel Sud ma anche nelle zone periferiche del Nord. È una proposta che rischia di cristallizzare le diseguaglianze economiche, sociali e culturale esistenti.
Un divario che si aggraverebbe ulteriormente con il trasferimento di determinate funzioni, come sanità, istruzione, ricerca, infrastrutture, trasporti, ambiente, lavoro, beni culturali, dallo Stato alle Regioni.
Questo si tradurrebbe in meno risorse per le aree povere del Paese, il che significherebbe meno ospedali, meno scuole, meno infrastrutture, meno asili, meno musei e università.
È assurdo che in un momento di grande sofferenza ed emergenza, come quello che stiamo vivendo, il governo e le forze di maggioranza, invece, di concentrarsi su temi come inflazione, caro energia, povertà, salario minimo, lavoro precario e tanto altro, ritenga prioritario e urgente approvare l’autonomia differenziale, solo per accontentare gli egoismi di qualche forza politica.
Ci chiediamo, inoltre, come possa il Ministro per il Sud, Raffaele Fitto, sostenere pubblicamente che il Sud non ha nulla da temere e che il percorso verrà affrontato garantendo a tutti parità di servizi essenziali, quando si lavora nelle retrovie per allungare le distanze tra una parte e l’altra della Nazione.
La stessa Corte dei Conti, nella delibera del 29 marzo 2023, n.4/2022/G, da una parte, evidenzia la necessità di “valutare gli effetti del regionalismo differenziato”, dall’altra, lamenta “la mancanza di elementi e presupposti per misurare detti effetti”, in ultimo, denuncia “di non disporre ancora di un quadro d’insieme sugli effetti (finanziari e non) dell’attuazione del regionalismo differenziato”.
In conclusione, la stessa Corte dei Conti afferma che “allo stato attuale le informazioni pervenute non consentono di dimostrare che il trasferimento delle competenze dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario possa migliorare l’efficienza degli interventi o, di converso, che la stessa possa essere destinata a ridursi”.
Tutto questo peraltro avviene mentre col Pnrr l’Europa si aspetta che le diseguaglianze in Italia diminuiscano invece di aumentare. Il colpo di mano dell’autonomia differenziata viene tentato proprio quando l’Europa va in un’altra direzione.
La posizione del M5S è in linea con la posizione della Corte Costituzionale che già nel 2018 e 2019 ha raccomandato la definizione di meccanismi di perequazione adeguati a garantire i Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP), così come previsti dall’art. 117, secondo comma, della costituzione. È prioritario, quindi, introdurre la perequazione nelle prestazioni in materia di Lep. Allo stesso tempo, tale perequazione è bene che sia anche estesa alle infrastrutturali, per colmare il deficit di infrastrutture di alcune aree del Paese, soprattutto del Meridione.
Riteniamo furbesco citare nel Disegno Calderoli i Lep, ma subito dopo dire che, se entro un anno non vengono definiti, materie delicate come istruzione, trasporti, energia, queste potranno essere decentrate sulla base del criterio della spesa storica. Quest’ultimo, infatti, non farebbe altro che dare di più a chi ha già servizi evoluti e costosi, soprattutto al Nord, e quasi niente a chi, specialmente al Sud, è sprovvisto di quei servizi.
Bisogna, quindi, prima di trasferire qualsiasi delega alle Regioni, definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni che attendiamo ormai da oltre 15 anni, e colmare le diseguaglianze territoriali soprattutto con riferimento alle infrastrutture, come alta velocità, mobilità, collegamenti di prossimità è così via.
Il MoVimento 5 Stelle ha sempre sostenuto che se parte il Sud parte l’Italia, ma il Sud deve essere messo nelle condizioni di ripartire.
La riforma sull’autonomia differenziata è un vero attacco volto a colpire tutte le aree svantaggiate d’Italia. Per questo il M5S si sta facendo promotore nei diversi territori per sensibilizzare i cittadini a discutere di questo tema che rischia di compromettere per sempre lo sviluppo futuro del Paese.
Mario Turco è senatore del M5s