Il primo turno delle amministrative è alle spalle ed è già tempo di bilanci. Ma chissà se, smaltita la “sbornia elettorale”, i partiti si interrogheranno sull’astensionismo. In Italia è andato a votare il 59% degli aventi diritto, mentre in Basilicata l’affluenza si è attestata al 58,35%, cioè al di sotto del dato nazionale. In Puglia? Il 64,13% potrebbe indurre qualcuno a esultare, ma a ben vedere non è il caso di abbandonarsi a facili entusiasmi.
Rispetto alla precedente tornata elettorale, quando l’affluenza aveva toccato il 66,61%, a Bari e dintorni si è perso un altro punto e mezzo di votanti. E i casi di Brindisi e Anzano sono clamorosi: nell’unico capoluogo di provincia al voto, alle urne è andato solo il 57,62% degli aventi diritto a fronte del 60,74 delle scorse elezioni; nel piccolo centro del Foggiano, ai seggi si è presentato un elettore su quattro.
Tutto ciò si traduce in un danno istituzionale e in un danno politico. Sotto il primo profilo, i candidati vincenti sono evidentemente destinati a essere “sindaci di minoranza”. Il che sicuramente non giova a chi avrebbe bisogno di una legittimazione politica forte per pretendere risorse economiche e sostegno politico dagli altri attori istituzionali. E una simile legittimazione può derivare soltanto da una maggioranza ampia e omogenea che sia espressione del maggior numero possibile di cittadini. Il secondo danno, invece, è politico. Già, perché il dato dell’astensione certifica l’ulteriore distacco della classe dirigente locale dall’elettorato. Colpa di partiti ed esponenti politici che si ostinano a fondare le proprie campagne elettorali sulle chiacchiere anziché sull’indispensabile “battaglia delle idee” e sulle possibili soluzioni ai problemi della gente. Non a caso i livelli più alti di astensione si registrano nei centri e nei quartieri più disagiati, in Puglia come nel resto d’Italia. Il risultato è una democrazia sempre più fragile.
Come se ne esce? Migliorando la qualità del ceto politico, delle proposte programmatiche e del dibattito pubblico. L’astensionismo si può battere, ma per farlo occorre una politica capace di affrontare e risolvere i problemi delle persone. Ecco perché i dati di quest’ultima suonano come un “ceffone” tanto per i candidati sconfitti quanto per quelli vincenti. E ora tocca soprattutto a questi ultimi mettere da parte i giochi di potere per rafforzare il contenuto sociale delle proposte, delineare un’agenda in linea con le aspettative della gente e riaffermare l’idea di una politica capace di risolvere i problemi della gente: una sfida alla quale sono chiamati tutti, vincitori e vinti.