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L’aborto e il disagio della donna

La donna che sceglie di abortire va incontro a una profonda sofferenza psicologica. Tale scelta, motivata o meno, può indurre, senza volerlo, in una condizione di profonda sofferenza riscontrabile anche in patologie (depressione reattiva, disturbo post traumatico da stress, disturbo dell’adattamento) che possono persistere anche per lungo tempo. Sicuramente, prima di affrontare la problematica post traumatica e reattiva, sarebbe utile e opportuno supportare la donna in fase di valutazione rispetto alla sua scelta e alle motivazioni che la indurrebbero a tale scelta. Accompagnare il suo percorso per evitare gravi conseguenze psicologiche che potrebbero tradursi in psichiatriche.

Tale disagio, se non supportato e trattato, rischia di compromettere seriamente l’equilibrio psicofisico della persona, specie se poi si diventa “caso” di strumentalizzazioni politiche e ideologiche.

Tale compromissione può portare a conseguenze permanenti che andrebbero a condizionare il resto della vita della paziente, alle quali non si riescono ancora a dare strumenti normativi efficaci. Per questo un intervento di prevenzione è supportivo alle donne potrebbe essere salvifico rispetto a una drastica scelta e rispetto alle conseguenze appena descritte, soprattutto perché restano scelte definitive rispetto a un disagio, o a quello che potrebbe essere un disagio temporaneo.

L’aborto, anche se scelto, rappresenta comunque un trauma e, secondo le indicazioni diagnostiche, rappresenta un lutto. Pertanto, la fase successiva alla quale la donna va incontro, è quella della auspicabile elaborazione di quel lutto. Normalmente, se il trauma da lutto viene elaborato, si risolve nel giro di un anno, ma se questo percorso fisiologico si blocca in una delle fasi della sua elaborazione, allora è opportuno rivolgersi a un professionista e chiedere aiuto, accettare e concedersi la possibilità di farsi aiutare. Il lutto in psicologia è compatibile con qualsiasi tipo di separazione, nel caso di specie, la separazione è quella della madre dell’embrione.

Pertanto è fisiologico che la donna provi tutte le emozioni, negative positive che siano, circoscritta alla scelta di abortire o meno. Particolare attenzione va rivolta all’emozione del senso di colpa, che, come già anticipato, può produrre serie conseguenze sul piano psicofisico, talvolta permanenti, se non supportate ed elaborate clinicamente.

Resta di fondamentale importanza consigliare e promuovere una capillare valutazione delle motivazioni che inducono la donna alla scelta dell’aborto, come pure la valutazione e l’esame psicodiagnostico della personalità della paziente. Questo sarebbe utile per fornire sia valide indicazioni sulle possibili conseguenze, sia per approfondire, e magari trattare, le motivazioni che inducono la donna a tale scelta.

Ines Panessa – Psicoterapeuta e psicologa forense

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