SEZIONI
SEZIONI
Bari
Sfoglia il giornale di oggiAbbonati

La vita innanzitutto

È difficile curare, medicare, assistere qualcuno che non ti stima, che non crede nella Scienza ed in quello che fai? Assolutamente no. Anzi, è la cosa può facile. Non a caso è quello che sta accadendo in tutto il Paese nei tanti reparti di terapia intensiva dove medici e paramedici, feste o non feste, con turni spesso massacranti, si stanno prendendo cura con professionalità e spirito di abnegazione dei tanti pazienti no vax (la media è di 8 su 9) lì ricoverati a causa del maledetto virus.

All’inizio, a parole, entrando in ospedale, in tante e tanti continuano a dirsi contrari, si atteggiano a scettici e guardano con sufficienza ai protocolli operativi. È solo un’influenza come le altre, passerà. Qualcuno addirittura, pur con la voce flebile e la gola che gracchia, si lascia andare ad ingenue ed azzardate tesi contrarie, le solite che non vale neanche la pena qui ripetere. Poi, quando dalla corsia passano alla intensiva, piano piano le loro parole diminuiscono, si azzerano ed a restare, come unici mezzi di comunicazione, rimangono gli occhi: sempre più cerchiati, sofferti, sempre più imploranti la tanto agognata guarigione. E dunque è proprio guardando quegli occhi che per medici e paramedici diventa impossibile provare rancore. Dopo un po’ la loro interazione con quei pazienti è fatta di carezze, di tenerezze e soprattutto di parole di conforto ed incitamento a guarire. Lo possiamo affermare con certezza: nei reparti di terapia intensiva non c’è odio, ma solo una disperata alleanza contro un male sordido ed improvviso, affinché – ancora una volta – la vita possa vincere sulla morte.

ARGOMENTI

CORRELATI

Bentornato,
accedi al tuo account

Registrati

Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!