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La vera sfida? Adattarsi al mercato

Gli investimenti? No, in tempi di Pnrr la vera sfida per le imprese è quella di trovare non tanto risorse quanto personale con le competenze necessarie per lavorare a nuovi prodotti in nuovi mercati. Emanuele Orsini, presidente designato di Confindustria, ne è certamente consapevole.

Come è consapevole della necessità di una più forte istruzione terziaria professionalizzante, alternativa e parallela alle università tradizionali, e quindi di un sistema di Its che funzioni anche dopo che il Pnrr sarà stato archiviato e aiuti l’industria nazionale a essere maggiormente competitiva. Partiamo, come sempre, dai numeri. In Germania gli studenti inseriti nei canali professionalizzanti sono il 50% del totale, in Francia e in Svizzera il 30 e in Spagna il 10. In Italia, invece, registriamo la “miseria” di 30mila iscritti a fronte di un milione e mezzo di studenti universitari.

Prima del Pnrr la situazione era persino meno incoraggiante, con soli 16mila iscritti e 20 Its in meno. I numeri attuali, dunque, dimostrano come il miliardo e mezzo di euro destinato dal Piano ai 146 Its abbia realizzato ciò che in precedenza non era nemmeno immaginabile. Può bastare? Ovviamente no, a meno che non si vogliano perdere le varie sfide alle quali il mercato chiama l’economia nazionale.

La prima cosa da fare è rendere più solido il legame tra il mondo della scuola e l’istruzione terziaria professionalizzante. Il che significa istituire una direzione dedicata agli Its presso il Ministero dell’Istruzione, sperimentare la formula del 4+2 per legare le scuole tecniche e professionalizzanti agli stessi Its, fare in modo che questi ultimi si appoggino agli istituti superiori in modo da avere una fonte sicura di studenti. In questa prospettiva, è altrettanto importante rafforzare le economie locali.

Molte regioni, infatti, non hanno grandi imprese o distretti industriali che possano guidare la fondazione degli Its e beneficiare della cosiddetta formazione su commissione. Ancora, in questo contesto, è indispensabile coinvolgere le associazioni professionali dei servizi e non solo quelle industriali visto che, al giorno d’oggi, molte specializzazioni riguardano proprio il settore dei servizi.

Ma la prova forse più ardua comincerà tra due anni, dopo il 30 giugno 2026, termine entro il quale dovranno essere rendicontate tutte le spese coperte dal Pnrr. E si tratterà di una prova essenzialmente economica, nel senso che l’Italia dovrà trovare risorse adeguate per alimentare l’istruzione tecnica superiore. Sulle pagine del Foglio, Marco Leonardi ha fatto il conto della serva: oggi il sistema degli Its riceve 50 milioni l’anno dallo Stato e più di cento dalle Regioni; considerando necessari dieci corsi per 150 istituti e che ciascun corso costa approssimativamente 300mila euro, il finanziamento dovrà triplicare ad almeno 450 milioni l’anno. Lo Stato troverà queste risorse? Garantirà ai giovani italiani un’opzione professionalizzante di alto livello come le Fachhochschule tedesche, dove si formano lavoratori con capacità specifiche che rispondono alle reali esigenze delle imprese? Dimostrerà di voler tenere in piedi un sistema indispensabile per supportare l’industria nazionale e, in particolare, quella meridionale? È questa la sfida che la politica italiana dovrà vincere nei prossimi anni.

Raffaele Tovino è dg di Anap

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