La soluzione? Ricerca e innovazione

L’ultimo rapporto Svimez dedica particolare attenzione alla questione del cambiamento climatico e agli effetti sull’economia meridionale.

Uno studio sui rapporti tra crescita economica e condizioni climatiche, pubblicato dalla rivista scientifica “Nature”, indica che la temperatura ottimale per favorire l’attività economica oscilla intorno ad una media annua di 13 gradi Celsius. Il determinismo scientista di “Nature” ci porta a concludere che l’Italia, avendo raggiunto nel 2022 una temperatura media annua di 14,1 gradi, si collocherebbe al di fuori delle condizioni climatiche che garantiscono virtuosi processi di crescita.

Nel 2000-2009, infatti, la temperatura media annua in Italia si era attestata a 13,3 gradi, risultando più alta di 0,8 gradi rispetto al periodo climatico 1971-2000. Nell’anno 2003, noto per i picchi di calore estivi e la conseguente strage di anziani, la temperatura media annua era stata di 13,9 gradi, mentre nel 2022 è stata più alta di 0,2 gradi. Questi dati non lasciano dubbi sulla velocità che caratterizza il mutamento climatico. L’incremento delle temperature è ormai un processo irreversibile e acquista la caratteristica di una variabile esogena che condizionerà il nostro futuro percorso di sviluppo.

Secondo Svimez, nei prossimi decenni un aumento della temperatura media di 1,5 gradi porterebbe a una contrazione del reddito pro capite tra il 2,8 e il 9,5%.

L’area del Mediterraneo sarebbe particolarmente vulnerabile, subendo entro il 2050 un aumento medio delle temperature compreso tra 0,5 e 1 grado rispetto ai livelli attuali, con picchi più alti, compresi tra 1 e 2 gradi nella regione adriatica centrale e meridionale d’Italia. L’aumento della temperature ha un impatto negativo su resa dei raccolti, produzione alimentare, salute e produttività del lavoro. Si aggraverebbero anche i divari territoriali: la Svimez stima che un aumento sostenuto delle temperature potrebbe avere effetti molto diversi per il Nord e il Sud Italia, con le regioni settentrionali che vedrebbero, nello stesso periodo, un aumento del pil compreso tra 0-2%, mentre il Sud subirebbe un decremento significativo tra -1 e -3%, toccando -4% in Campania e Sicilia. Di fronte a questi prevedibili effetti negativi si può assumere un atteggiamento passivo, sperando che le marce di Greta Thunberg riescano miracolosamente a raffreddare il pianeta o, all’opposto, tentare di reagire al mutamento della variabile esogena “clima” elaborando risposte adeguate.

Il determinismo climatico di “Nature” può essere smentito osservando che le condizioni avverse del clima possono essere controllate e ridimensionate da innovazioni tecnologiche. Da vincolo, il clima può trasformarsi in opportunità, come spesso è successo nella storia dell’umanità. Del resto proprio la storia ci insegna che i Paesi con avverse condizioni climatiche, sono quelli che hanno realizzato la crescita economica più rapida e consolidata. Si pensi allo sviluppo economico dei Paesi Bassi, con la terra strappata al freddo Mare del Nord, o, per casi più recenti, alla crescita di realtà economiche collocate in contesti climatici non certo ottimali come Singapore (che ha una temperatura media annua di 26.7 gradi).

Alla visione deterministica che ci condanna, si può rispondere con un visione volontaristica in cui il nostro futuro dipende solo dalle politiche che saremo in grado di attuare. La Svimez ne indica opportunamente alcune: meccanismi innovativi di irrigazione di precisione che aiutano le aziende agricole a massimizzare la resa delle risorse idriche disponibili e a mitigare gli effetti avversi delle alte temperature; sapiente utilizzazione dell’energia disponibile per mitigare le estati calde, utilizzando le risorse ottenute dal risparmio energetico causato dalla riduzione del fabbisogno per il riscaldamento in inverno; espansione delle fonti energetiche rinnovabili sfruttando soprattutto le potenzialità naturali del Sud. La chiave è nel promuovere ricerca e innovazione: una strada che l’Italia ha intrapreso parzialmente e con molte incertezze.

Rosario Patalano – Economista

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