La Comunità Educante, tra i suoi compiti essenziali, ha, senza dubbio alcuno, quello di ascoltare il minore, al fine di individuare zone di criticità, sulle quali intervenire in maniera strategicamente adeguata. Ai sensi e per gli effetti dell’art. 395 del decreto legislativo 297/94, il docente, figura apicale nell’attività di osservazione e ascolto, nell’ambito di un gruppo classe, deve essere, al contempo, facilitatore, orientatore, costruttore di conoscenza e valutatore. Tale statuizione , analizzata in modalità poliprospettica, declina il ruolo dell’insegnante facendolo traslare da mero trasmettitore di conoscenza a ricercatore e critico della cultura. Di guisa, la funzione docente non si limita all’aspetto cognitivo, ma include anche la formazione della personalità degli studenti, con particolare attenzione all’aspetto critico e alla capacità di pensiero indipendente.
Nell’espletamento del compito, l’ascolto, unitamente alla osservazione, costituisce attività fondamentale per la crescita culturale e, non, del discente, al fine di oltrepassare criticità che ne possano impedire lo sviluppo. Talvolta, il docente deve essere sapientemente in grado di decifrare il rumore del silenzio, in quanto, nella sordità della parola, possono emergere disagio e fragilità, che devono essere fronteggiati attraverso azioni strategiche condivise, in alleanza educativa, con le famiglie. L’art. 2048 del Codice civile, in tal senso, declina, in maniera ermeneutica, la precitata corresponsabilità del precettore e del genitore, oltrepassando la limitazione del principio della partizione di competenza. Tale disposizione è confermata, altresì, dalla sottoscrizione contestuale del Patto di Corresponsabilità.
Coloro che risultano titolari della potestà genitoriale non possono sottrarsi all’adempimento delle obbligazioni conferenti, in quanto le precitate non rappresentano una facoltà opzionale, ma hanno una cogenza in fatto e in diritto, le cui colpevoli trasgressioni costituiscono illecito perseguibile.
Tuttavia in alcuni situazioni estreme tale alleanza educativa viene compromessa per l’assenza della famiglia, dovuta a causa di forza maggiore come, a titolo esemplificativo, per i discenti figli di genitori ristretti, in regime di carcerazione o come nel caso dei minori stranieri non accompagnati.
In questi casi l’interlocuzione avviene per il tramite di tutori legali, nominati all’uopo dall’autorità giudiziaria, che costituiscono, però, riferimento parziale e non totalitario, in quanto, talvolta, l’aspetto emotivo ed empatico soggiace alla razionalità estrema dell’espletamento dell’incarico professionale.
Continuando il discorso avviato nella prima parte pubblicata lo scorso 13 maggio, l’alleanza educativa è tutta da ridefinire, proiettando il Docente, con indubbio supplemento di animo, a divenire, contestualmente riferimento genitoriale ed educatore e inducendolo a instaurare relazioni professionali ed umane con gli attori Istituzionali e sociali della Comunità Territoriale di riferimento, cercando di lenire la sofferenza indotta da una mancanza non compensabile.
Per quanto concerne i minori migranti, privati di tutti gli affetti familiari nella terra ospitante, è necessario garantire delle azioni strategico-affettive capaci di includere ed integrare, garantendo impegno oltre la scuola e oltre il tempo scuola. A tal proposito si ribadisce, in maniera ridondante, la validità del Patto Educativo di Comunità, con il quale abbattere le barriere, oltrepassare l’emarginazione e rendere mirabilmente eccezionali le cosiddette adozioni del Terzo Millennio.
In tale paradigma normativo e sociologico, l’ascolto rappresenta un obbligo per l’adulto e un diritto del minore, purchè non venga realizzato contro l’interesse o la volontà del minore stesso o sia manifestatamente superfluo. La portata e la rilevanza dell’ascolto, con la Legge 4 Luglio 2024, n. 104, ha portato all’istituzione della Giornata Nazionale dell’Ascolto dei Minori, che si celebra il 9 Aprile di ogni anno, per rammentare l’importanza dell’approccio quotidiano.
L’ascolto assume rilevanza incontrovertibile nei procedimenti riguardanti i minori, come enucleato nell’art. 473 bis del Codice di Procedura Civile, e per l’effetto, in caso di manifestata capacità di discernimento del minore, i precitati procedimenti in pendenza possono essere definiti solo dopo aver audito le ragioni del minore stesso, con il rispetto di tutte le misure prescrittive poste a tutela.
L’ascolto, in tale ottica, deve avere come unica finalità il benessere del minore, la sua crescita armoniosa e il suo sviluppo, come studente e come persona. Tale rilevanza non è solo acclarata in ambito giuridico, bensì, in campo pedagogico, sociologico e filosofico, facendo emergere, con contezza plastica, una universale e trasversale valenza. L’ascolto porta alla luce e al confronto, il silenzio, la supponenza, l’arroganza della trattazione portano all’oblio dell’insuccesso.
La Comunità Educante deve condurre alla Luce, per destinazione di legge, e per farlo è chiamata ad intervenire, in maniera sinergica, nei meandri oscuri della fragilità, rappresentando forza motrice per il rinnovamento individuale e collettivo.
L’ascolto del minore, in tale nobile accezione, rappresenta l’incontro di sé stessi nell’altro, in una epoca in cui i ritmi frenetici della vita e l’utilizzo estremizzato dei canali digitali inducono alla confliggenza, all’emarginazione e ai silenzi assordanti. Trascurare l’ascolto significa ignorare il disagio e tale atteggiamento colpevole e poco diligente può portare, come le cronache odierne rappresentano a conseguenze funeste. Cercare la condivisione, il confronto, la collaborazione porta alla libertà nella sua accezione massima. La libertà porta alla luce e la Comunità Educante è sorgente di Luce. Dai Banchi di scuola si parte e si plana per un futuro migliore.
Bentornato,
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