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La riforma di Valditara è un ritorno al passato

Un dibattito attuale. In questi ultimi giorni si sta parlando molto delle nuove indicazioni nazionali presentate in Consiglio dei ministri, sotto forma di decreto, dal ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che entreranno in vigore nell’anno scolastico 2026-27.

A sollevare molte critiche e a suscitare disapprovazione da parte di molti pedagogisti, insegnanti e operatori del settore sono alcuni aspetti riguardanti un ritorno al passato e un certo restringimento del campo di osservazione della storia, circoscritto all’ambito nazionale e occidentale che poco hanno a che fare con una visione della scuola al passo con i tempi o, per meglio dire, futuribile.

Per quanto sia apprezzabile la reintroduzione dello studio del latino nelle scuole secondarie di primo grado, tuttavia, c’è da chiedersi se lo studio delle poesie a memoria serva davvero ai nostri ragazzi. A detta di eminenti psicoedagogisti, tra i quali il noto Stefano Rossi, forse non stiamo cogliendo quello che serve agli studenti. Della poesia si perderà l’aspetto più importante, ossia il pensiero poetico. Senza contare che, in un mondo sempre più liquido e imprevedibile, in continuo cambiamento, la scuola deve fornire indispensabili abilità di navigazione.

Nell’era dell’iperdigitalizzazione dobbiamo allenare i ragazzi al pensiero creativo, a trovare nuove soluzioni a nuovi problemi.

In una società che si confronta ogni giorno con le opportunità e i pericoli dell’intelligenza artificiale, la scuola deve necessariamente progettare nuovi paradigmi di apprendimento. La vera sfida della scuola del presente e del futuro è una sfida di metodo, oltre che di merito.

Inoltre la revisione tradizionalista proposta per la scuola italiana, con la lettura della Bibbia e con una iperfocalizzazione sulle origini storiche dell’Occidente è stata giudicata da alcuni come una sorta di retrotopia, termine utilizzato da Bauman per indicare un’ utopia che idealizza il passato, considerato più rassicurante.

Perciò, cerchiamo di avere il coraggio di affrontare il futuro con le sfide che esso comporta, consapevoli del fatto che non troveremo risposte rifugiandoci nelle ombre del passato. E, come sostiene il buon Enrico Galiano, scrittore e docente, «nel 2025 rimettere al centro la storia patria, la storia nazionale, concentrandosi principalmente sul Rinascimento, sull’Impero Romano è come cercare di navigare su Google Maps con una mappa del Medieovo».

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