La “pupazzata” e la ricerca di autenticità

La società moderna e sempre più quella contemporanea impongono all’individuo di assumere un’identità ben precisa, corrispondente al ruolo che ognuno desidera ricoprire socialmente. Ciò comporta la necessità di operare delle scelte di vita che, a vario titolo, contribuiscono a costruire un’immagine rassicurante, affidabile, vincente.

Nella realtà ogni persona non è ciò che sembra, perché dietro un’immagine falsamente costruita nel tempo, comunemente accettata dalla società, necessaria e indispensabile per affermarsi ed essere credibili nella realtà lavorativa e in società , si cela un’interiorità che spesso rimane dormiente per tutta la vita; o talvolta riemerge a tratti, per poi sprofondare nuovamente nelle profondità della mente per vergogna o per mancata accettazione di quello che davvero si è. Quindi spesso si vive di autoinganni, per non scombinare il quadro familiare o lavorativo nel quale ci si è volontariamente ingabbiati. E’ quello che succede ai protagonisti del romanzo “Tante parole, poi l’amore” di Giulio Perrone, scrittore ed editore, pubblicato dalla Casa editrice Sem, i quali vivono quasi tutti una doppia vita, nascosta agli occhi altrui, alimentando segreti inconfessabili. Ma è anche quello che accade nella attuale società dove spesso l’avere conta più dell’essere. Dove si sgomita per ottenere un incarico di prestigio o si accetta un matrimonio conveniente, pur provando desideri nascosti.

Torna frequentemente nel romanzo l’espressione “non conviene” utilizzato per chiarire come ad un desiderio di libertà, di fuga da una realtà falsa ed opprimente, si contrapponga un atteggiamento di rinuncia, di valutazione cinica della convenienza del momento; oppure, come spesso accade, la rinuncia a stravolgere la propria vita in nome della libertà o della ricerca della propria felicità è frenata dal timore di sconvolgere le vite delle persone di cui ci si circonda. E dunque si procede in quella che Pirandello definirebbe un’enorme “pupazzata”, dove ognuno recita un ruolo che meglio si confà alle aspettative altrui. E se ricercassimo un po’ di autenticità, non sarebbe tutto un po’ più autentico e vitale? E forse, in considerazione del fatto che la vita è una sola, non saremmo tutti un po’ più felici?

Raffaella Morra è docente nei licei

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