I pericoli della politica che cede al politicismo

C’è un grande assente nel dibattito in vista delle comunali baresi dell’8 e 9 giugno. Per uno strano paradosso, quel grande assente è ciò che invece dovrebbe essere la stella polare del confronto, ovvero il futuro di Bari. A giudicare dai toni e dai contenuti che hanno finora caratterizzato la competizione, infatti, agli schieramenti in campo sembra interessare tutto tranne che i problemi reali dei baresi. Qualcuno ha formulato una proposta per rilanciare il commercio in una città dove, in dieci anni, ben 723 negozi hanno abbassato le saracinesche? Qualcuno ha lanciato un’idea per disciplinare il turismo, evitando che l’aumento degli ospiti e delle strutture ricettive sottragga alloggi alle famiglie o comprometta la vivibilità? Qualcuno ha indicato una strategia per riavvicinare le periferie al centro? Al netto dei soliti generici proclami, nessuno l’ha fatto, almeno fino a questo momento. Di sicuro non il Pd, impegnato da mesi nel duplice tentativo di contenere l’ascesa di Michele Laforgia e di mettere d’accordo le varie anime del partito. Il risultato?

Laforgia non è stato neutralizzato, anzi: i continui attacchi che gli sono stati rivolti dai vertici dem hanno sortito l’effetto opposto, cioè quello di trasformarlo in un temibile avversario interno al centrosinistra. E il partito ha ricominciato a scricchiolare se è vero, com’è vero, che un pezzo del Pd non ha digerito la candidatura di Vito Leccese a sindaco ed è pronto a sostenere il suo competitor. Nel frattempo, però, è stato sprecato tempo prezioso per discutere dei problemi di Bari e delle possibili soluzioni. Lo stesso Laforgia, d’altro canto, avrebbe potuto e dovuto lavorare di più sui contenuti, anche per marcare la distanza da un centrosinistra in cui le guerre fratricide sono all’ordine del giorno e che sembra voler campare di rendita dopo un ventennio alla guida di Palazzo di città. E che dire della destra? Dopo tanto tempo all’opposizione, da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e centristi tutti si sarebbero aspettati un poderoso contributo di idee e l’ambizione di disegnare un futuro diverso per Bari. Dagli esponenti dei partiti che oggi reggono il Governo nazionale, invece, sono arrivati solo annunci e tatticismi, ma nemmeno uno straccio di visione della città alternativa a quella del centrosinistra.

Insomma, per gli schieramenti in campo sembra che la politica sia fatta soltanto di voti, percentuali, primarie, ballottaggi e poltrone. In questo modo, però, la politica cede al politicismo con due pericolosissimi effetti. Il primo è quello di alimentare l’astensionismo. I precedenti, in questo senso, sono tutt’altro che rassicuranti: nel 2019 disertò le urne il 35% dei baresi; nel 2014, invece, quel valore toccò i 32 punti al primo turno e addirittura 63 al ballottaggio. La tendenza a ignorare i problemi reali della città, quindi, rischia di allontanare la gente dalla politica e di tramutarsi in una sconfitta per tutti. Anche per un sindaco uscente amato come Decaro e per il candidato che a giugno sarà chiamato a insediarsi a Palazzo di città. E qui si giunge al secondo effetto del politicismo, persino più preoccupante del primo: se si trasmette alla gente l’idea che, attraverso il voto e la politica, non sia possibile risolvere i problemi quotidiani e immaginare un futuro diverso, quella stessa gente non farà altro che rivolgersi alla criminalità organizzata, da molti percepita come più efficace e meno inconcludente dei partiti. E l’inchiesta Codice interno, con cui i magistrati hanno recentemente terremotato la politica barese, lo dimostra chiaramente: basti pensare alle vigilesse che si sarebbero rivolte a un presunto appartenente al clan Parisi per far valere le proprie ragioni nei confronti di un automobilista dal quale erano state insultate.

E allora, i partiti farebbero bene a ricordare un concetto: il primo antidoto all’astensionismo e alle infiltrazioni malavitose non sono primarie più o meno blindate, nel caso del centrosinistra, o candidature di magistrati, nel caso del centrodestra. La strada giusta è quella che porta a un miglioramento della qualità dell’offerta politica. Il che vuol dire alzare il livello delle proposte programmatiche e del dibattito pubblico, senza mai perdere di vista i problemi reali delle persone. E questa è una sfida alla quale tutti i leader e tutti i partiti sono chiamati. A meno che non vogliano gettare i baresi tra le braccia dei clan condannando il capoluogo della Puglia a un inarrestabile declino.

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