Sono anni, ormai, che Benjamin Netanyahu e Vladimir Putin sono additati come responsabili di crimini di guerra e contro l’umanità da gran parte della Comunità internazionale. Davanti alle 50mila vittime dei raid israeliani nella Striscia di Gaza, la Regione Puglia e il Comune di Bari hanno ritenuto di interrompere le relazioni con l’attuale governo israeliano, arrivando addirittura a escludere i rappresentanti di Tel Aviv dalla Fiera del Levante. L’iniziativa è stata ben presto replicata in altri piccoli Comuni pugliesi e non, oltre che in Emilia-Romagna. E c’è da aspettarsi che, nelle prossime ore, altre amministrazioni ancora percorreranno la strada tracciata dal governatore pugliese Michele Emiliano e dal sindaco barese Vito Leccese.
Della contraddittorietà di questa iniziativa si è già scritto su queste stesse colonne. Per schierarsi dalla parte dei palestinesi e contro il governo Netanyahu, Emiliano non ha esitato a compiere una mossa che rientra nelle competenze non delle Regioni ma dello Stato centrale. Ed Emiliano è lo stesso che, all’indomani dell’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata da parte del Senato, paventava il rischio di una frammentazione del Paese.
Ma c’è un altro elemento di contraddittorietà nell’iniziativa (pur condivisibile nelle finalità) adottata dalla Regione Puglia e dal Comune di Bari e poi replicata in altre località italiane: perché si interrompono le relazioni con il governo israeliano di Netanyahu e non si fa lo stesso con la Russia di Putin?
Qualcuno obietterà: la Russia è già stata colpita dalle sanzioni nazionali e da quelle europee. E, in effetti, è vero. Ma se, a proposito del conflitto israelo-palestinese, la Puglia e il Comune di Bari hanno scelto di andare oltre le competenze loro assegnate dalla Costituzione, adottando un’iniziativa di politica estera che si discosta da quella del Governo nazionale, non si vede per quale motivo non abbiano (ancora) deciso di fare altrettanto nei confronti della Russia. Anzi, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte delle truppe di Putin, Emiliano non ebbe alcuna esitazione nello schierare la Puglia e l’Italia al fianco della Nato e, nello stesso tempo, a sollecitare «uno sforzo per aprire il dialogo» col Cremlino. A distanza di quasi due anni e mezzo, però, le relazioni con Mosca non sono state ancora formalmente interrotte come è invece accaduto, pochi giorni fa, per quelle con Tel Aviv.
Eppure è dal 24 febbraio 2022 che Putin deporta i bambini ucraini per farli diventare russi e insegnare loro a odiare padri e madri, bombarda gli ospedali e compie stragi come quella di Bucha, dove tre anni fa centinaia di uomini, donne e bambini furono torturati e uccisi e alcuni loro cadaveri utilizzati come esche per trappole esplosive. In tre anni la guerra nell’Est europeo è costata la vita, secondo il Wall Street Journal, a oltre 80mila ucraini ai quali si aggiungono 400mila feriti. E allora? Perché con Netanyahu si interrompono le relazioni e con Putin si aziona la leva della diplomazia? Forse le bombe israeliane sono cattive e quelle russe buone? A qualcuno certe domande sembreranno speciose. Invece si tratta di interrogativi che meritano una risposta chiara. Altrimenti certe iniziative (ripeto, pur condivisibili nelle finalità) rischiano, da una parte, di auto-depotenziarsi e, dall’altra, di compromettere irreparabilmente la credibilità delle istituzioni che scelgono di adottarle.
Bentornato,
Registratiaccedi al tuo account
Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!