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La politica avara verso i medici è uno schiaffo a salute e diritti

Il Documento di finanza pubblica (Dfp) 2025 avvia il percorso di discussione parlamentare con l’attività conoscitiva preliminare presso le Commissioni congiunte di Bilancio di Camera e Senato. Riteniamo nettamente insufficienti gli stanziamenti per la medicina generale e le misure introdotte per fronteggiare la carenza dei medici con il prolungamento dell’età pensionabile e con la possibilità per i medici in formazione di assumere incarichi provvisori in medicina generale. Questi sono solo provvedimenti tampone che non risolvono il problema.

Avremmo la necessità di adottare misure volte a snellire il carico burocratico, organizzare meglio il lavoro, valorizzare il lavoro straordinario e consentire forme di part-time, adottare forme contrattuali più flessibili per evitare la fuga dei medici del territorio dal Servizio sanitario nazionale, soprattutto dei giovani medici di medicina generale, imbrigliati nella rigidità del ruolo unico che sta determinando l’abbandono degli incarichi e la rinuncia al corso di formazione. Accanto alla flessibilità contrattuale occorrerebbe prevedere investimenti per maggiori tutele per i medici di medicina generale e per i pediatri di libera scelta, come maternità, malattia, infortunio Inail e malattia professionale. Occorrerebbe attendersi anche per i medici convenzionati una defiscalizzazione delle voci variabili dello stipendio al fine del recupero inflattivo.

Per quanto riguarda il personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale, il sistema ospedaliero è gravato dai problemi legati ai pensionamenti, dall’aumento dell’età pensionabile per la dirigenza medica, dal mancato finanziamento di un piano straordinario di assunzioni senza che si sia stato rimosso il tetto di spesa per il personale. Dall’altro lato siamo in presenza a un maggior ricorso alle prestazioni aggiuntive, presumibilmente anche in virtù delle agevolazioni fiscali concesse.

Chiediamo, per queste ragioni, maggiori risorse per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per il periodo 2022-2024, un contratto di fatto già scaduto da un anno, il cui finanziamento sconta una forte perdita del potere di acquisto, auspicando una riflessione sull’intero modello di una contrattazione che continua a iniziare a tempo scaduto e che causa la fuga di personale dalla sanità pubblica verso il privato e anche in direzione dell’estero.

Bisognerebbe smetterla con una politica avara con i medici e i dirigenti sanitari, categorie professionali che reggono un servizio che garantisce un diritto fondamentale, quale la tutela della salute dei cittadini, nonostante le condizioni di lavoro peggiori dell’ultimo decennio, negli ospedali, nei pronto soccorso e nei 118. Migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza in ospedale e sul territorio deve essere un imperativo categorico perché il disagio crescente dei professionisti e la crisi di fiducia dei cittadini, oltre 4,5 milioni dei quali oggi rinunciano alle cure, rappresentano un rischio incombente per la tenuta del Servizio sanitario nazionale: solo così potremo salvaguardare quella sanità pubblica che tutto il mondo ci ha sempre invidiato.

Ludovico Abbaticchio è presidente nazionale del sindacato Smi. Questo contributo è stato scritto con Pina Onotri, segretaria generale del sindacato Smi

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