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La politica alimenti paure e la scuola non insegni l’odio

A volte la realtà ci fa assistere a cose che vanno oltre la fantasia. Andiamo per ordine. Un professore di un liceo, Stefano Addeo, insegnante di tedesco presso il liceo Enrico Medi di Cicciano, un paese vicino Napoli, ha augurato alla figlia della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di fare la stessa fine di Martina Carbonaro, una ragazza di soli 14 anni vittima di femminicidio, anche lei di Afragola, in provincia di Napoli.

Martina non è morta sul colpo, ma dopo una lenta agonia, riferiscono i medici legali, dopo l’autopsia. Ha ricevuto quattro colpi mortali dal ragazzo 19 enne, Alessio Tucci, che ha consumato il suo delitto all’interno di un casolare, dopo che Martina aveva deciso di lasciarlo perché aveva ricevuto uno schiaffo.

Un femminicidio, l’ennesimo di una lunga sanguinosa serie.

A scuola si fanno progetti, si dedicano parole e giornate intere a sensibilizzare gli alunni sul tema della violenza di genere, un atto orribile non degno di un mondo progredito come quello in cui viviamo. Eppure il valore della vita umana sembra essere stato assorbito da un nichilismo che non dà scampo e fa della morte un’arma facile da usare quando l’altro che ci sta accanto diventa per noi scomodo. Il caso di Martina ha sconvolto tutta l’Italia, per la giovane età della vittima e per la modalità in cui questo è avvenuto. Ma nonostante ciò, un professore di un liceo decide di augurare ad una bambina di 7 anni, Ginevra, di fare la stessa fine di Martina.

Un evento che sa di assurdo e che non rappresenta la categoria dei docenti italiani. Un docente degno di questo nome in primo luogo dovrebbe vergognarsi del ruolo che riveste se dalla sua esperienza ciò che ha maturato è solo un indescrivibile linguaggio violento ed antieducativo nei confronti di una bambina. Quale educazione è in grado di offrire ai propri alunni, quale esempio. Nella scuola Italiana che è stata in grado di formare menti eccelse non c’è spazio e non deve esserci spazio per la violenza di genere, per la violenza in genere e per persone che non hanno rispetto delle istituzioni tanto da diventare indegne del ruolo che rivestono.

Mi dispiace dirlo ma io non ci sto.

I docenti italiani non sono rappresentati da una persona che utilizza un linguaggio violento per attaccare l’operato della premier. Nella nostra cultura non c’è spazio per l’odio, non c’è spazio per questo tipo di lotta politica e la politica a scuola deve entrare solo per essere spiegata nelle sue enormi contraddizioni essendo rappresentata non da supereroi ma da gente umana come la stessa premier che rappresenta tutto il nostro Paese, tutta l’Italia, la nostra cultura e il nostro territorio. Quando eravamo piccoli ci hanno insegnato a chiedere per piacere e ricambiare con un grazie. Nulla ci è dovuto e chi per merito e capacità riveste ruoli politici come quello di Giorgia Meloni, va rispettato, non insultato, a prescindere dal colore politico e dalla parte politica che rappresenta. Non si tratta di essere di parte, ma di far parte, di essere eticamente retti e rispettosi di chi sta lavorando per il proprio Paese. Ciò che è accaduto è una cosa orribile che si è cercato di sminuire facendo dell’artefice una vittima. Spero che le orecchie della piccola Ginevra non abbiano sentito la violenza che c’era dietro le intenzioni di un docente frustrato e pervaso da una grave invidia sociale incapace di provare l’altra faccia dell’invidia che ha il nome di ammirazione.

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