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La pace comincia dal “noi”

Le parole sono come pietre: se lanciate non ritornano, ma se colpiscono possono fare male. Possono lasciare segni, che restano nel tempo. E proprio su questo argomento si è soffermato il Papa nella sua lettera inviata qualche giorno fa a un quotidiano, evidenziando l’importanza delle parole della pace.

A ben pensarci la pace non può iniziare se non da un termine estremamente breve, formato da una sola sillaba. Si tratta del pronome noi. Troppo spesso non riusciamo a pronunciarlo, soffocati dalla morsa prepotente del suo opposto, ovvero io.

Ma le parole sono anche semi, che se piantati possono far nascere capacità, che generano comportamenti, che si pongono alla base delle convinzioni, ovvero schemi capaci di dividere ma anche di unire, in grado di accendere fuochi ma anche spegnere incendi. E si può costruire la pace, senza la parola “insieme”? Partiamo da queste di parole, e insegniamole a scuola ai ragazzi, perché da quelle che sapranno pronunciare nascerà il mondo che verrà.

Un mondo che dovrebbe saper ascoltare, un mondo che dovrebbe sapere comprendere, un mondo che dovrebbe saper accogliere, un mondo che dovrebbe saper perdonare, un mondo che dovrebbe saper rispettare, un mondo che dovrebbe saper unire. Un mondo strutturato sulla cura, una parola che viene da lontano e che significa anche interessamento, preoccupazione.

Un mondo strutturato sulla pace, perché di guerre ce ne sono state già troppe. Questo il mondo del futuro? Speriamo che non siano solo parole…

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