Tutti davano Marco Bucci per sconfitto. E forse era anche facile pronosticarlo, dopo l’inchiesta che ha costretto alle dimissioni Giovanni Toti, suo predecessore alla guida della Regione, e i risultati delle ultime elezioni europee, con i principali partiti del campo largo avanti di oltre tre punti rispetto a quelli del centrodestra. Eppure, in Liguria, le urne hanno sovvertito i pronostici della vigilia, decretando la vittoria di conservatori e moderati.
Quel verdetto, però, rappresenta anche un monito per la stessa coalizione di Bari e dintorni: se la Liguria si è rivelata contendibile, in astratto può esserlo anche la Puglia. Ma se il centrodestra ligure ha potuto contare sul consenso costruito in nove anni di governo Toti e sulla credibilità di un candidato che ha saputo rassicurare un elettorato che poteva legittimamente sentirsi disorientato dalle recenti inchieste della magistratura, in Puglia non è così.
Anzi, la sensazione è che il centrodestra pugliese continui a considerare quella per la Regione come una battaglia persa in partenza.
Un segnale in tal senso è stato l’assenza della premier Giorgia Meloni all’inaugurazione della Campionaria e poi al Festival delle Regioni: se vuoi gettare le basi per un successo elettorale, non puoi mancare ad appuntamenti tanto importanti così come non puoi rinviare ulteriormente la firma dell’accordo di coesione e il conseguente sblocco dei fondi Fsc, attesi ormai da un anno da 2.700 imprese locali.
Un ulteriore indizio è dato dai nomi dei possibili candidati alla presidenza della Regione che circolano in queste ore: tutte seconde o terze linee, con i big (il sottosegretario Alfredo Mantovano, il viceministro Francesco Paolo Sisto e il commissario europeo in pectore Raffaele Fitto) impegnati ai vertici delle istituzioni tra Roma e Bruxelles.
Insomma, il voto in Liguria suggerisce che anche la Puglia può essere contendibile per il centrodestra, almeno in teoria, ma che un simile successo presuppone un lavoro di costruzione di una classe dirigente all’altezza e di selezione di un candidato presidente credibile che a Bari e dintorni manca da un ventennio.
In questo lasso di tempo, molti (troppi!) esponenti del centrodestra pugliese hanno preferito “traslocare” nella coalizione opposta e accettare incarichi lautamente retribuiti in aziende pubbliche.
E così l’elaborazione di una proposta politica e culturale, indispensabile per costruire un’alternativa al centrosinistra di Michele Emiliano e Antonio Decaro, è stata accantonata in modo tanto miope quanto scellerato. Dunque, in vista delle elezioni regionali del 2025 c’è da recuperare il tempo colpevolmente perduto: il monito che arriva dal voto in Liguria è chiaro, ma le prime mosse registrate in Puglia non lasciano ben sperare.