Questo appello s’inserisce in un contesto di crescente isolamento dell’Ue nelle questioni di sicurezza e commercio.
La richiesta di maggiore unità è comprensibile, ma ci si chiede anche quanto sia realistico un simile progetto, vista la persistente frammentazione politica e le divergenze di interessi tra gli Stati membri. L’UE ha dimostrato più volte la sua difficoltà nel rispondere rapidamente alle crisi, un limite che potrebbe rivelarsi fatale in uno scenario globale in rapido mutamento.
Dopo decenni di sostegno all’interventismo militare, da Iraq e Afghanistan fino all’Ucraina, ora l’Europa sembra passare da alleata a pedina.
Il conflitto ucraino, infatti, non si limita a essere una crisi regionale, ma ha ripercussioni dirette sulle strategie economiche e geopolitiche dell’Europa. Gli Stati Uniti sarebbero disposti a negoziare con Mosca sulla crisi ucraina, ma a peso d’oro (letteralmente): sul piatto ci sono 500 miliardi di dollari in terre rare ucraine, risorsa preziosa per la tecnologia e l’industria globale. Tuttavia lo scenario resta incerto.
E mentre restiamo sintonizzati su possibili evoluzioni dopo il duello mediatico tra Trump e Zelensky, urge una riflessione più ampia sul ruolo dell’UE nel mondo. L’Europa ha finora evitato di sviluppare una strategia di difesa comune, affidandosi alla NATO e quindi agli Stati Uniti per la propria sicurezza. Ma il rischio che Washington si disimpegni progressivamente è reale.
La sfida economica è altrettanto cruciale. Il protezionismo americano non si ferma solo ai dazi: la proposta di vendere la cittadinanza per 5 milioni di dollari e le dichiarazioni di Elon Musk sull’espansione di Tesla in Europa nonostante il crollo delle vendite suggeriscono una crescente preoccupazione per un’implosione dell’economia statunitense.
Ma come sempre, il debito americano trova un rifugio sicuro in più di trecento miliardi di euro di risparmi privati ogni anno provenienti dall’Europa e da altri alleati poiché mancano opportunità d’investimento qui, soprattutto per finanziare l’innovazione, che non può avvenire tramite i prestiti bancari, poco adatti.
Sembra alla fine che i nemici siano due: uno, pare, è Trump, l’altro lo abbiamo creato noi.
Il problema non è solo economico, ma anche strategico: l’embargo sul gas russo e l’incapacità di sviluppare un’industria digitale indipendente competitiva rispetto a Stati Uniti e Cina hanno aumentato la vulnerabilità del sistema europeo, mentre il sistema difesa è uno degli esempi in cui l’Unione Europea è meno della somma delle sue parti.
L’ex presidente della Banca centrale europea evidenzia la necessità di ridurre i costi energetici e riformare il mercato per sostenere l’industria europea, incluse le tecnologie pulite. Sottolinea l’importanza strategica di settori come quello chimico e siderurgico per la competitività e la sicurezza economica dell’UE in un contesto globale sempre più protezionista.
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