Accade sempre più spesso che entri in una casa e vedi ciotole a un angolo, palline e giochi sparsi. E poi lui, o lei: il cane, il gatto; non un ospite, non un accessorio, ma un membro della famiglia. Negli ultimi anni, il ruolo degli animali domestici ha smesso di essere marginale o decorativo. Il cane non è più solo il guardiano del giardino; il gatto non è solo il cacciatore di topi o la creatura indipendente da accarezzare la sera. Sono diventati, a tutti gli effetti, compagni di vita.
E come tali, ricevono cure, spazio nel cuore e attenzioni. Questo cambiamento, che qualcuno definisce umanizzazione, non è solo un fenomeno di costume, è il segno di un mutamento più profondo, sociale e affettivo. C’è una differenza tra il cane e il gatto, è vero. Il primo cerca il tuo sguardo, ti segue, vuole condividere. Il secondo osserva in silenzio, decide se e quando donarsi. Eppure, entrambi hanno imparato a stare accanto a noi nei momenti che contano: quando torniamo a casa stanchi, quando siamo felici, quando soffriamo in silenzio.
Il cane ti ama con una fedeltà che non pretende nulla in cambio. Il gatto, con la sua dignità quasi filosofica, ti insegna il rispetto del tempo e della distanza. Due modi diversi di essere presenti, ma entrambi capaci di creare legami profondi, autentici, mai forzati. Forse per questo sempre più persone li considerano familiari a tutti gli effetti. Non per colmare un vuoto, ma per condividere spazi emotivi reali, fatti di quotidianità e affetto reciproco.
Certo, non mancano le critiche: li trattano come figli; spendono più per un cane che per una persona; si stanno confondendo i ruoli. È vero: oggi esistono compleanni per animali, profili instagram, trattamenti spa. A tratti, sembra che la realtà superi la fantasia. Ma sotto questa superficie, c’è qualcosa di più profondo: per molte persone, un animale rappresenta l’unico affetto costante, l’unico rapporto non giudicante, l’unico essere che non ti abbandona, che resta anche nei tuoi giorni più grigi. Allora forse il problema oggi non sta nell’umanizzazione degli animali, ma nella disumanizzazione delle relazioni. Forse è più facile, oggi, aprire il cuore a chi non ti tradirà, a chi non ti mette alla prova ogni giorno. In fondo, che male c’è nel voler bene a chi ci vuole bene?
A ben vedere, non siamo noi a rendere gli animali più simili agli uomini. È che loro, spesso, ci ricordano cosa significa essere umani. Il cane che aspetta dietro la porta ti insegna la pazienza. Il gatto che si accoccola sul tuo petto dopo una giornata difficile ti mostra il potere della vicinanza silenziosa. Nel loro modo semplice e diretto di stare al mondo, gli animali incarnano valori che abbiamo dimenticato: l’essere presenti, la sincerità dei gesti, la lealtà senza condizioni.
E allora ci si chiede: se loro, che non parlano, che non votano, che non scrivono, riescono a vivere relazioni così sincere, perché noi facciamo tanta fatica? Forse, più che giudicare chi ama profondamente il proprio cane o il proprio gatto, dovremmo chiederci cosa abbiamo smarrito, noi, nella nostra idea di affetto.
Questo nuovo sguardo non è solo personale. È diventato anche culturale, normativo, persino istituzionale. Oggi in Italia, e non solo in Italia, sempre più tribunali prendono decisioni sull’affidamento degli animali in caso di separazione. Gli ospedali aprono le porte ai cani per fare visita ai pazienti. La pet therapy entra nelle scuole, nelle Rsa, nei centri di riabilitazione. Ci sono leggi che iniziano a riconoscere il valore affettivo degli animali, non solo la loro esistenza come “cose” o “beni mobili”.
Il Parlamento Europeo ha più volte discusso del loro status giuridico, avvicinandoli sempre più alla sfera dei soggetti, non degli oggetti. È la prova che qualcosa sta cambiando davvero. E non riguarda solo loro, ma noi e la nostra idea di convivenza, di empatia, di società. Il legame con gli animali ci costringe a interrogarci su cosa significhi rispettare un altro essere vivente, anche quando è diverso da noi.
C’è chi pensa, in conclusione, che trattare un cane come un figlio sia eccessivo. E forse, in certi casi, lo è. Ma più spesso, è solo una modalità nuova che nasce dal bisogno di cura, di vicinanza, di reciprocità. Gli animali non sono umani. Ma forse è proprio questo il punto: non mentono, non tradiscono, non complicano. Ci aiutano a vedere la nostra stessa umanità da un’altra prospettiva.
E allora? No, non stiamo esagerando nel voler bene ai nostri animali. In fondo, apparteniamo tutti allo stesso regno. Solo che loro se lo ricordano meglio di noi.
Bentornato,
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