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La democrazia è in agonia e i video sui social lo dimostrano

I dati dell’affluenza elettorale sono impietosi. Ancora una volta, come del resto era stato ampiamente previsto alla vigilia, gli italiani hanno preferito disertare le urne, hanno scelto e programmato di fare altro, ma non recarsi ai seggi. A livello nazionale l’asticella dei votanti si è fermata al 30,58% e nelle regioni meridionali è il dato è stato anche peggiore. E anche in questo caso, le previsioni sono state ampiamente rispettate. In Sicilia, l’affluenza più bassa in assoluto con un anemico 23%, invece in Sardegna e nel Molise ci si è fermati rispettivamente al 27,73 e al 27,70.

Leggermente migliore il dato percentuale dei votanti in Campania e in Puglia, dove l’appuntamento referendario poteva essere un parametro di mobilitazione dei partiti che tra qualche mese si sfideranno per il rinnovo delle amministrazioni regionali: gli archivi digitali del Ministero dell’Intero segneranno a futura memoria il 29.85% e il 28.61. Insomma, se volessimo mettere da parte le solite, logorate e per nulla innovative interpretazioni politico-sociologiche sulla disaffezione crescente che i cittadini a ogni latitudine mostrano nei confronti del voto, potremmo amaramente dire che, nonostante il dettato costituzionale, stiamo passando nei fatti da un suffragio universale a un suffragio che sembra essere sempre più elitario.

Emoziona pochi e coinvolge ancora meno. I seggi come un deserto restano totalmente vuoti, come è successo ancora una volta domenica e ieri, con gli scrutatori che non possono fare altro che girarsi i pollici, i presidenti che provano a darsi un contegno nonostante l’assenza degli elettori e i rappresentanti di lista che sono diventati oggetti vintage da collezione, di fatto introvabili.

Almeno oggi, rispetto a qualche anno fa, grazie all’innovazione tecnologica nelle scuole, che da sempre diventano sedi elettorali, le vecchie lavagne di ardesia sulle quali si scriveva con il gessetto bianco, sono state sostituite dalle Lim, le lavagne interattive multimediali, connesse alla rete che hanno aiutato scrutatori, segretari e presidenti a combattere la noia, la solitudine e la frustrazione. Infatti, sono stati svariati i video postati puntualmente sulle piattaforme social in cui si vedevano le lavagne multimediali accese per seguire l’estenuante finale del Roland Garros tra il tennista italiano Jannik Sinner e quello spagnolo Carlos Alcaraz. Cinque ore in cui, scrutatori e presidenti hanno potuto vivere il loro impegno civico con una dose di sincera emozione.

Ma l’astensione massiccia, per una sorta di eterogenesi dei fini che in questo caso nessuno aveva previsto, ha finito per risuscitare e dare una nuova audience ad alcune delle battute più famose che Checco Zalone ha reso celebri nel suo film “Quo Vado”, uscito nelle sale cinematografiche nel 2016. In primis, sia su TikTok che Instagram, hanno spopolato i video e i reel delle timbrature delle schede elettorali, pubblicati sia come post che stories, tutti con l’audio dove la voce narrante di Zalone che decanta l’importanza del posto fisso: “Non lascio il posto fisso, non lascerò mai i miei privilegi”.

Però, a ben pensarci è proprio grazie a questi video e alle visualizzazioni che hanno incassato in rete, fatta la necessaria tara legata alla matrice giocosa, che abbiamo potuto vedere e comprendere l’agonia lenta della democrazia. Postati per divertimento e per passatempo, i reel hanno saputo raccontare quello di qualsiasi manuale di sociologia la portata dell’astensione, non le ragioni, che andrebbero comunque indagate, ma la conseguenza tragicomica di questa patologia democratica.

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