Sono giorni importanti per i destini del Mezzogiorno e delle aree interne, e più in generale per la coesione sociale del Paese. Da quando la Lega Nord ha abbandonato formalmente la strada secessionista si è impegnata in una forma di attuazione selettiva e distorta di alcune previsioni costituzionali che sta ponendo le premesse di una rottura del patto repubblicano, almeno se non incontrerà una reazione sul piano referendario e del controllo di legittimità costituzionale.
La Costituzione resta pesantemente inattuata nella determinazione dei diritti fondamentali da garantirsi in modo uniforme su tutto il territorio nazionale (i cd. lep) e sul federalismo fiscale, che responsabilizza l’istituzione regionale mediante un potere impositivo anziché trasferimenti statali. Viene attuata per altre parti che presuppongono quelle attuazioni mancate. Il tentativo di scippo in atto viene rappresentato come l’opera di un Robin Hood al contrario.
Ma questo è soltanto una parte della verità. La vera ragione alla base del comportamento di alcuni pezzi di territorio e di classi dirigenti di questo paese dipende dal complessivo declino di quest’ultimo. È di qualche giorno fa l’analisi della Fondazione Nord-est che prospetta un impoverimento del Veneto, e con lui, del Nord a causa della circostanza che ormai è la meta dei veneti che va a lavorare all’estero è dotato di un titolo di istruzione superiore, universitario.
Inoltre, nella dinamica dei flussi ci sono più giovani che emigrano che quelli che rientrano. Pertanto il tentativo in atto, che viene rappresentato come una forma di potenziamento virtuoso e beneficio di tutti delle regioni in ragione dei talenti di ciascuna è, in realtà, una precipitosa corsa ai ripari rispetto allo spopolamento del paese che prosegue imperterrito. Nel Nord molti hanno deciso di contrastare questa tendenza desertificando il Sud. I criteri utilizzati negli anni passati per il riparto dei fondi nella sanità, pur perequata, sono un eclatante esempio: l’aumento repentino e continuo di posti letto al Nord, che attraggono risorse, personale, familiari dei malati e un’economia indotta, è speculare all’impoverimento degli stessi al Sud.
È tutto fortemente voluto. Nelle scorse ore questa strategia è stata denunciata dall’economista Viesti anche a proposito della pur sacrosanta determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni. Questi ultimi, pur basati su elementi di valutazione tecnica sono impregnati di scelta politica (la questione dei posti letto di cui si è detto era esattamente un lea, cioè un lep sanitario, ingiusto e distorcente). Il comitato di esperti presieduto dal professore Cassese prima si è inventato la distinzione tra materie legislative che non hanno necessità di individuazione di livelli essenziali delle prestazioni (come se esistessero materie dove non sono in rilievo diritti fondamentali), immediatamente devolvibili, e altre che richiedono tale determinazione. In queste ore si incammina, tramite i lavori di una sua sottocommissione, nell’identificazione (prima ancora che del finanziamento) anche per queste ultime determinando lep distorsivi che accentuano le tendenze contrarie alla coesione. Non è questo, naturalmente, che può volere la Costituzione, a partire dai diritti inviolabili dell’articolo 2, a proseguire con l’eguaglianza formale e sostanziale dell’articolo 3 della Costituzione.
Attualmente incombono sia richieste di referendum abrogativi che giudizi di legittimità costituzionale sulla legge Calderoli. Prima che la Corte costituzionale abbia la possibilità di pronunciarsi, la politica cerca di segnare l’ennesimo punto di non ritorno, per forzare l’interpretazione. Una vocina informale di ambiente governativo, che non ha avuto neanche il coraggio di dichiararsi, ha affermato che indicatori differenziale sono ovvi e inevitabili. Ma il tener conto delle circostanze concrete dovrebbe essere già integrata nella determinazione del costo standard, che deve avvenire secondo le migliori condizioni di efficienza e di appropriatezza. L’Italia non ha un euro da investire in questo processo e quindi c’è un gioco a somma zero – che però alla fine aumenta il rischio paese e depaupera il Sud – ed ecco che si cerca di sbranare il già magro bilancio statale.
Bentornato,
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