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La coesione sociale che non c’è

La desertificazione demografica o denatalità il tema dei temi di questo tempo nella dimensione europea. La denatalità è una questione complessa di questo tempo e dei mutamenti economici e sociali di una società in continuo movimento. Il cambio della radice culturale della “famiglia” cosiddetta tradizionale, un sentimento della maternità molto affievolito, la corsa alla indipendenza economica e alla carriera un “freno” potente e prepotente alle nascite.

Un tema che non si risolve burocraticamente o con leggi di puro incentivo economico che pur sono importanti. La spoliazione dei servizi primari, l’idea del costo/beneficio, la logica perversa dei numeri in questi anni ha contribuito ad allargare la forbice delle nuove nascite dentro i confini nazionali ed europei. La storica distinzione aree interne aree costiere che attraversa l’Europa ed in particolare le aree meridionali.

Sul tema studiosi come Giustino Fortunato, Guido D’Orso solo per citare qualcuno hanno scritto pagine memorabili. Il Pnrr con un investimento a debito di oltre 200 miliardi di euro doveva essere l’occasione per provare ad invertire culturalmente, socialmente , politicamente la tendenza alla desertificazione demografica. I due pilastri del Pnrr, “coesione sociale” e riequilibrio territoriale” sono stati alla prova dei fatti letteralmente offesi e umiliati. Il Pnrr doveva intervenire soprattutto nella aree di maggiore disoccupazione giovanile, desertificazione demografica, assenza di servizi primari e investimenti nel settore della sanità pubblica e scuola pubblica. Il disastro e lo spreco del Pnrr è sotto gli occhi di tutti e sarà lavoro certo per le Procure nei prossimi anni.

Ancora una volta le classi dirigenti locali hanno fallito la loro mission perché non hanno una vision strategica. Le Regioni del Sud impegnate unicamente nella spesa per la spesa senza avere una “visione d’insieme” del nostro Mezzogiorno europeo nel Mediterraneo. Le nuove generazioni meridionali pagano tutto questo e sempre di più sognano il loro futuro altrove. Provo a dare dei numeri per chiarire la drammaticità del fenomeno: per la Regione Campania si prevede che la tendenza alla diminuzione mostrata dalla popolazione nel corso dell’ultimo decennio continuerà nel prossimi mezzo secolo, concentrandosi nelle fasce di età più giovani. Il fenomeno assumerà la massima intensità in Campania e nelle altre regioni del Mezzogiorno dove nasceranno sempre meno figli e continueranno i flussi migratori in uscita. Secondo le previsioni dell’Istat, l’Italia avrà 47.455.455 abitanti nel 2070 (11 milioni in meno rispetto al 2021). Le nascite si ridurranno dalle circa 400mila del 2021 a poco più di 360mila nel 2070. La perdita della popolazione risulterà rilevante nella sua componente più giovane (fino a 14 anni di età), proprio quella che costituisce la fonte generatrice delle future nascite. Il Mezzogiorno tra le fine del 2021 e il 2070 dovrebbe perdere 6.395.035 dei suoi 19.828.112 residenti. Si profila davanti a noi una società gerontocratica, piegata sugli egoismi e per nulla attenta al domani.

Una possibile via d’uscita potrebbe essere una diversa legislazione per le aree interne. Non è possibile avere un sistema di regole uniche per territori molto diversi con problematiche complesse. La sanità pubblica non può rispondere a logiche di numeri. La scuola non può dipendere dal numero degli alunni. Viabilità, rete veloce, ruralità intelligente e turismo devono avere un percorso legislativo diverso dalle grandi aree metropolitane. Il Comune di Rocchetta Sant’Antonio 1700 abitanti ha gli stessi adempimenti burocratici in materia di bilancio del Comune di Roma o di Milano. Tutto questo non è più sostenibile. Fermo restando che il tema vero è sociologico e antropologico: le società ricche e opulente come quelle europee hanno tracciato da tempo il loro triste destino e non si vedono all’orizzonte politica mondiale in grado di indicare una strada e alimentare un sogno.

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