Quando si dice “in bocca al lupo”, si risponde “crepi”, ma con un sottinteso che pesa: viva il lupo. Perché spesso è proprio il lupo a renderci migliori, a farci correre più in fretta, a obbligarci a scegliere con lucidità. Il problema nasce quando il lupo sparisce, quando la minaccia scompare. E in questa parabola geopolitica, oggi il lupo non è l’America. È la Cina. Un lupo silenzioso, che si muove nel fitto della giungla del commercio globale sfruttando ogni falla delle regole del libero scambio. Il regime di Pechino è un predatore sistemico: aggira, distorce, impone. Ma è anche, paradossalmente, ciò che ha tenuto in equilibrio la bilancia dei rapporti internazionali negli ultimi anni. Una minaccia tanto temuta quanto necessaria.
E invece, cosa accade se questo equilibrio si spezza? Se gli Stati Uniti offrissero ora o in futuro all’Europa una tregua commerciale in cambio di fedeltà strategica, chiedendo un allineamento esplicito e definitivo contro la Cina? L’offerta è allettante. Ma potrebbe trasformarsi in una trappola confezionata con arte. Schierarsi ora contro Pechino, sull’altare di una momentanea benevolenza americana, significherebbe tagliare il ramo su cui l’Europa è seduta. Perdere il lupo, cioè l’unico vero contraltare al potere geopolitico statunitense, senza ottenere in cambio alcuna garanzia. Perché se domani la Cina smette di essere il nemico numero uno – o semplicemente viene esclusa dalla partita – ecco che l’America si troverà libera di esercitare tutta la propria forza su un’Europa senza alternative. E il sogno di una “tregua” potrebbe trasformarsi in un regime di dazi, diktat e pressioni unilaterali. Senza il lupo cinese, infatti, l’Europa si scoprirebbe nuda e sola. Troppo debole per imporsi da sé, troppo divisa per contare davvero, troppo utile ma non indispensabile per avere voce in capitolo. E allora sì, viva il lupo. Viva la Cina? No, non per simpatia o ingenuità. Ma perché l’esistenza di un grande antagonista tiene tutti più attenti, più svegli, più equilibrati. Un’alleanza cieca con gli Stati Uniti in funziona anti cinese, soprattutto sotto l’attuale presidenza Trump, non è strategia: è miopia geopolitica.
La recente visita di Re Carlo in Italia, con tutta la sua apparente compostezza cerimoniale, un incontro pieno di sorrisi, dichiarazioni di “amicizia profonda”, discorsi floreali su cultura, sostenibilità, cooperazione, sotto il protocollo e l’etichetta suona piuttosto come un messaggio di Londra a Roma (e forse anche a Parigi e Berlino): non restate da soli sotto la protezione americana. Riattiviamo le relazioni, ricostruiamo un asse, prepariamoci a una nuova stagione di turbolenze in cui contare solo su Washington potrebbe essere, questa volta, un errore storico.
Perché, parliamoci chiaro: questi “rapporti idilliaci” tra Italia e l’Inghilterra, da dove sarebbero spuntati? La Brexit ha scavato un solco profondo tra Londra e il continente, Roma inclusa. Eppure, oggi si tenta di rimettere insieme i cocci con una narrazione improvvisamente affettuosa, quasi nostalgica. Perché? Forse perché il Regno Unito – disincantato e pragmatico come sempre – ha capito per primo che è un rischio più grande di quanto si voglia ammettere affidarsi ciecamente a un’America incerta, pure essa un lupo di cui c’è bisogno, ma in crisi d’identità, impazzito, forse malato di narcisismo e improvvisazione.
E allora l’Europa ha davanti una scelta scomoda. Può accettare la “tregua” americana come un dono, spezzare ogni ambiguità con la Cina e allinearsi senza condizioni. Oppure può mantenere il lupo cinese in vista – non per amore, ma per equilibrio – e difendere la propria autonomia strategica, tornando a fare alleanze meno servili e più utili.
L’Europa deve imparare a muoversi in questo mondo multipolare non cercando padroni, ma costruendo opzioni. Senza farsi sedurre dal canto delle sirene atlantiche e senza illudersi che la scomparsa del lupo porti pace, perché si rischia davvero di diventare prede. Se il lupo sparisce allora davvero non c’è più nessuno da cui difendersi. Ma nemmeno nessuno con cui trattare.
Bentornato,
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