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La Cig non basta per l’industria: servono un piano e infrastrutture

Il mercato del lavoro italiano, a marzo 2025, è attraversato da dinamiche contrastanti. Da un lato, il boom occupazionale ha portato il numero di occupati a livelli record; dall’altro, persistono crisi settoriali e regionali, con il Sud che continua a soffrire fragilità strutturali. La chimica e la siderurgia, settori chiave per l’economia meridionale, sono in bilico: si stima che oltre 30mila posti siano a rischio tra chiusure e riconversioni mancate.

Questo scenario riflette le profonde disparità territoriali e le sfide che il Paese deve affrontare. Secondo i dati Istat pubblicati il 4 marzo 2025, a gennaio il numero di occupati ha raggiunto i 24,2 milioni, con un aumento di 145mila unità rispetto al mese precedente e di oltre 500mila rispetto a gennaio 2024. Il tasso di occupazione ha toccato il 62,8%, il livello più alto mai registrato. L’incremento ha coinvolto uomini e donne, lavoratori dipendenti e autonomi, con una crescita significativa nella fascia d’età 25-34 anni (+0,9 punti percentuali). Tuttavia, la ripresa è trainata soprattutto dagli over 50, che rappresentano il 94% dell’aumento annuo. Al contrario, la fascia 35-49 anni continua a soffrire una riduzione sia in termini assoluti (-39mila unità) sia nel tasso di occupazione (-0,2 punti).

Nonostante questi numeri incoraggianti, il Sud vive una realtà molto diversa. Nel settore siderurgico, l’accordo siglato per l’ex Ilva di Taranto ha prorogato la cassa integrazione straordinaria per altri 13 mesi per oltre 3mila lavoratori. Questo intervento temporaneo evita licenziamenti immediati ma non risolve le difficoltà strutturali dello stabilimento, che ha visto ridurre gli obiettivi produttivi a soli 4 milioni di tonnellate per il 2025. Anche il comparto chimico è in crisi: l’aumento dei costi energetici e la pressione normativa legata alla transizione ecologica mettono a rischio migliaia di posti di lavoro. Sebbene il tasso di disoccupazione giovanile nazionale sia sceso al 18,7% (-0,3 punti rispetto al mese precedente), nel Sud i numeri restano drammaticamente più alti. Le opportunità per i giovani sono ancora limitate rispetto al Centro-Nord, nonostante programmi come “Resto al Sud” abbiano incentivato l’imprenditorialità giovanile. Il boom occupazionale registrato a livello nazionale non deve far dimenticare le fragilità strutturali del mercato del lavoro italiano. La crescita è sostenuta soprattutto dai contratti a tempo indeterminato (+60mila unità solo a gennaio), ma non si traduce ancora in un miglioramento significativo della produttività o del Pil nazionale, fermo al +0,7% nel 2024. Inoltre, l’Italia resta fanalino di coda in Europa per tasso di occupazione femminile e giovanile.

Di fronte a questo scenario complesso, è evidente che soluzioni temporanee come le proroghe della cassa integrazione non bastano. Il Sud ha bisogno di interventi strutturali: piani industriali capaci di rilanciare settori strategici come la siderurgia e la chimica attraverso investimenti in innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale. Nel caso dell’ex Ilva, ad esempio, sarebbe cruciale accelerare la transizione verso tecnologie verdi per rendere competitiva la produzione italiana sul mercato europeo. Ma non basta agire sui settori in crisi: è necessario anche creare nuove opportunità per i giovani e valorizzare le competenze locali. Le risorse del Pnrr devono essere utilizzate con maggiore efficacia per colmare i divari infrastrutturali e favorire investimenti privati nelle aree più svantaggiate. Continuare a rimandare decisioni strategiche significa prolungare l’agonia dei settori in difficoltà e condannare intere generazioni a un futuro precario. È tempo di garantire stabilità e sviluppo all’intera economia del nostro Paese.

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