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Sapere e buonsenso? Spariti, ma la bussola dei governanti non può essere l’arroganza

Le guerre commerciali stanno sommergendo il mondo e lo stanno impoverendo. Esse peraltro si affiancano e si sovrappongono alle guerre armate distruttrici dell’umanità oltre che della sua economia. L’Europa guarda e osserva. Difficile reagire con l’obbligo dell’unanimità che tanto piace ai sovranisti interni, estimatori di Putin e di Trump.

Dittatori e aspiranti imperatori impongono di schierarsi di qua o di là rivendicando per sé la libertà di perseguire indisturbati i loro piani che poi si riducono alla loro sopravvivenza, magari immersi in una ricchezza infinita sia pure maleodorante e condivisa con i loro oligarchi. Moriremo dunque tutti vittime di gerontocrati senza speranza, ossessionati dalla propria plutocratica sopravvivenza? O saremo condannati a vivere prigionieri dei loro epigoni anagraficamente più giovani ma da quelli “marchiati a fuoco” in maniera indelebile? E dovremo rassegnarci al pressappochismo narcisistico di gente che non conosce vergogna nell’issarsi sugli scranni più alti delle istituzioni pontificando a sproposito, orecchiando il sentito dire o leggiucchiando le banalità e bestialità sulla rete certi di avere la protezione degli auto proclamatisi padroni del mondo? Davanti al dramma di un’umanità che sta affondando dovremo sorbirci le blasfeme castronerie diffuse come rivoluzione trumpiana, pace putiniana, normalizzazione israeliana, pacificazione africana, dominio cinese, senza reagire? O dovremo essere costretti a schierarci con questo o con quel dittatore contro gli altri?

Per esempio tutti a far corona a Trump contro la Cina o tutti intorno a Xi Jinping contro gli Usa o tutti intorno al duo Trump-Putin contro l’Ucraina, in attesa degli eventi? E dovremo rassegnarci alla mistificazione di chi compie genocidi, distrugge nazioni, violenta e uccide le donne, discrimina i suoi stessi cittadini e misconosce il diritto internazionale mentre impunemente se ne va in giro per il mondo, sprezzante dei trattati internazionali e incurante del destino dei popoli, contando sul paracadute delle falsità contrabbandate per verità e sulle attese di un esercito di disperati che si ingrossa giorno dopo giorno chiedendo ai suoi massacratori un’impossibile quanto umiliante bonus per sopravvivere? Un capo di Stato, capo della più grande potenza mondiale si può permettere il lusso di propinare per corrette e scientificamente provate formule farlocche misconosciute dalle sue stesse decisioni che inducono a immaginare reati di insider trading per sé e i propri accoliti? E intanto assistere al crollo del sistema finanziario che trascina con sé il sistema produttivo e massacra il commercio internazionale facendo passare il messaggio che la forza, la violenza ed il ricatto sono le uniche regole valide? E dovremo convincerci che la scienza e il sapere sono un orpello inutile, tanto vi sono gli algoritmi a dirci cosa fare? Possibile che dobbiamo sorbirci le pseudo teorie degli emuli trumpiani che confondono dazi e rivoluzione fiscale, competitività e protezionismo, sopraffazione e potere, ricatto e cooperazione e che pensano sia normale anche ogni deriva schizofrenica magari con risvolti da insider trading? Possibile che oltreoceano a nessuno venga in mente che il magnate e la sua corte di oligarchi famelici danzano sull’orlo di un debito profondo come un baratro di cui non si vede il fondo? Più o meno 40mia miliardi di dollari è il debito degli Usa che viaggia a ritmi tuttora assai pericolosi. E gran parte di esso è nelle mani cinesi, giapponesi, inglesi, canadesi, in quelle europee ed in quelle di molti di coloro che oggi vengono assurdamente ricattati. Possibile che nessuno avverta il “Messia” americano e i suoi “apostoli” che non possono continuare a vivere sull’eredità di Bretton Woods avendola ormai completamente dilapidata? Che se si sono potuti permettere di spadroneggiare finora lo hanno fatto solo grazie al ruolo del dollaro che a Bretton Woods, contro il parere di Keynes e degli economisti più accorti, venne imposto come valuta mondiale?

Ogni presidente, ogni governo, sin qui si sono avvalsi di economisti di assoluto valore per gestire la routine, non solo le emergenze. I vincitori della seconda guerra mondiale si affidarono a Keynes ed alla scuola keynesiana. In America John Fitzgerald Kennedy si confrontava con John Kenneth Galbraith e lo stesso Reagan si affidava al neoliberista Milton Friedman e Modigliani era una specie di oracolo per chiunque dovesse prendere decisioni che impattassero sui popoli e sugli Stati. In Italia un’intera generazione di governanti si era formata alla scuola di Federico Caffè e per decenni nel dopo guerra si è praticata la programmazione economica in uno spirito di emulazione-cooperazione con i partner europei e mondiali. Cos’è che ha portato ad azzerare il sapere e lo stesso buon senso nell’azione dei governi attuali? E perché il bilancio degli Stati, annuale e pluriennale, che un tempo era il documento fondamentale della vita stessa delle nazioni oggi è ridotto a una pratica fastidiosa da evadere in una frettolosa riunione di governo e senza discussione alcuna? E decisioni economiche fondamentali vengono assunte senza coinvolgere addirittura il Parlamento? Insomma, cosa ha indotto i governanti a navigare senza bussola e orientandosi esclusivamente sulle proprie inclinazioni ed interessi? E cosa potrà succedere se tutto questo porterà la comunità internazionale, come evidentemente sta succedendo, ad una entropia senza alcuna possibilità di recupero? Cosa accadrà se, in risposta alla tracotanza di Trump, Cina, Giappone, Inghilterra, Europa, Canada, oltre a reagire con dazi speculari, oltre a ingaggiare altrettante guerre commerciali, metteranno sul mercato la loro quota del debito americano? E se la Germania ritirerà dai forzieri della Federal Reserve le sue riserve d’oro? E cosa accadrà se Africa, India, Brasile, Cina e il resto dei Paesi in cerca di uno sviluppo difficile quanto indifferibile si vedranno costretti a crearsi, finalmente, una propria valuta per regolare gli scambi? Possibile che dittatori e aspiranti tali siano accecati dall’avidità e dal potere saturo di verità distorte, di voglia di soggiogare i loro stessi Stati, desiderio di impadronirsi del mondo praticando con arroganza ogni tipo di speculazione? Pensano che la sterilizzazione del marxismo e la negazione della prospettiva rivoluzionaria tra i popoli sfruttati e affamati, decimati, sia irreversibile e che tutto si risolva con il falso vangelo neo imperialista? Possibile che tutto questo sfugga ai più? E che gli altri, per esempio gli europei, pur consapevoli, si rassegnino impotenti all’inevitabile? Insomma, gli economisti e gli intellettuali che hanno affollato sin qui la platea dei Premi Nobel non hanno nulla da obiettare? E le scuole? A cominciare da quella neo o ultra liberista di Chicago? E le università, le accademie, i conservatori, gli artisti, i letterati, gli storici, i poeti, i musicisti? È da lì che bisogna ripartire e da quel che resta della democrazia e della cultura in Europa.
Per questo è importante un piano europeo che salvaguardi la dimensione sociale nel continente e sostenga la competizione perché venga assicurato il corretto funzionamento del commercio internazionale allargandone i confini e non limitandoli fino a chiuderli in un neo protezionismo con vocazione autarchica. Il fine del commercio internazionale è lo sviluppo della ricchezza delle nazioni attraverso l’integrazione delle vocazioni produttive e il maggior benessere di popoli e cittadini in numero crescente, non la loro sottomissione alle voglie estemporanee di sovrani autoproclamatisi tali e magari succubi di dittatori senza scrupoli e senza scadenze elettorali. La difesa dei consumatori contro ogni speculazione viene prima di tutto. In attesa di una nuova Bretton Woods che finalmente restituisca al commercio internazionale la valenza di volano ed equilibratore dello sviluppo mondiale e a una valuta terza e neutrale il ruolo regolatore. La deriva trumpiana ha finalmente messo fine ai vecchi equilibri e ha reso evidenti gli equivoci e le ambiguità ad essi sottesi. È tempo di creare nuovi equilibri che tengano conto finalmente di una realtà in cui vi sono infiniti centri, perché il mondo non è piatto ma sferico, non solo fisicamente, ma anche economicamente e socialmente e vi sono tanti centri di gravitazione/irradiazione quanti sono i popoli in una visione di sviluppo globale ed integrato. Il mondo oggi non ha bisogno di una nuova Yalta che metta il pianeta tra le fauci delle teste fameliche di un resuscitato Cerbero famelico, ma di una nuova Bretton Woods che finalmente gli restituisca dignità ed equilibrio in un quadro di cooperazione la più ampia possibile. E che ristabilisca il sapere e la felicità degli uomini e dei popoli quale fine degli Stati come peraltro le costituzioni democratiche, a partire da quella degli Usa, affermano.

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