Se c’è qualcosa che i politici americani attuali dovrebbero ricordare, è che se la Cina è ora vista come un potenziale nemico importante degli Stati Uniti, è merito (?) di Henry Kissinger, un tempo consigliere di un presidente americano. E dovrebbero ricordarlo perché oggi viene riprodotto dai repubblicani lo stesso meccanismo diplomatico sviluppato da Kissinger, che ha avviato il decollo cinese, con quasi gli stessi scenari. Si ha l’impressione che ci sia un nuovo desiderio di cercare di creare una distanza tra Cina e Russia – all’epoca URSS – dando benefici alla Cina, allora, e oggi alla Russia.
Le modalità cambiano, ma i meccanismi kissingeriani sono identici. All’epoca si trattava dello sviluppo dell’economia cinese per rompere l’alleanza russo-cinese, oggi si promuove una frammentazione dell’Europa per spezzare l’asse Russia-Cina. E la domanda di oggi, che allora non è stata posta, è se sono state valutate le conseguenze collaterali di questa politica. Kissinger, anche se lo avrebbe desiderato, non è Metternich. E allora è logico chiedersi: non esiste forse per l’America il rischio di una ripetizione di conseguenze impreviste con un impatto più ampio, come accadde con la politica cinese del ’72? Per sgombrare il campo da qualsiasi malinteso, bisogna affermare che è più che giusto che la Cina abbia un ruolo internazionale riconosciuto, senza finzioni. La Cina è stata nel tempo sottoposta a incredibili violenze militari da parte dell’Occidente. Basta ricordare le due guerre dell’oppio, quella del 1839 e quella del 1860 perché gli occidentali volevano che il consumo di oppio fosse legalizzato.
Legalizzazione che gli occidentali ottennero con il trucco di considerare l’importazione di oppio (dall’India) come medicina straniera. Tutto questo per dire che la Cina ha il diritto di svolgere il suo ruolo internazionale, ma resta il fatto che, quando Nixon andò a trovare Mao Tze Tung, la forza economica della Cina era praticamente nulla rispetto agli Stati Uniti: oggi è un concorrente. Il PIL degli Stati Uniti era di 1,16 trilioni di dollari, quello cinese di 100 miliardi. L’economia statunitense era quasi undici volte quella della Cina, e il divario di reddito pro capite era 46 volte maggiore. Oggi nel reddito procapite la distanza continua ad essere immensa, ma paradossalmente potrebbe essere l’elemento di forza per raggiungere e superare il PIL degli Usa. Ora non c’è dubbio che sia stato Kissinger ad aprire le porte della Grande Muraglia alle aziende americane ed è lì che bisogna cercare il certificato di nascita della straordinaria ripresa economica cinese, ma va ricordato che la crescita incommensurabile dell’economia cinese non era prevista da lui. Forse non ci aveva neppure pensato. L’obiettivo diplomatico era rompere la relazione URSS-Cina, isolando di fatto l’URSS.
A 53 anni da quell’evento, sembra che una visione diplomatica di quel tipo stia tornando. Ovviamente, sappiamo che fisicamente Kissinger non è più con noi, ma sua è la strategia diplomatica che sembra essere sopravvissuta nel partito repubblicano, cambiando solo i pedoni: all’epoca rendeva felice la Cina per concentrarsi sull’URSS; oggi rendere felice la Russia per concentrarsi sulla Cina. Non è detto naturalmente che in ciò non sbaglino sia USA che Russia.
Il grande teorico della diplomazia – onorato e lodato in Cina – non vedeva le conseguenze neanche troppo lontane della sua visione diplomatica. È vero che aprì la porta della Grande Muraglia, ma non si accorse che da quell’apertura nacque il fenomeno della crescita che portò la Cina a essere il grande avversario degli Stati Uniti dal punto di vista economico. Oggi è un fatto di assoluta importanza politica e diplomatica positiva che la Cina svolga il suo ruolo globale. Ma il merito non è di Kissinger. Questo avviene con mezzi imprevisti, un effetto collaterale dell’obiettivo diplomatico principale. La Cina lo ricorda come una figura leggendaria della diplomazia, ignorando alcune piccole cose come: il bombardamento della Cambogia, il colpo di Stato e la repressione in Cile, il ritardo volontario dell’accordo di pace in Vietnam, solo per fare degli esempi, ma non gli unici, e gli ha sempre riservato onori maggiori di quelli riservati a Biden durante il suo ultimo viaggio. Ma la realtà è che Kissinger non promosse quell’accordo per il miglioramento della Cina, lo fece per indebolire l’URSS e il suo principale obiettivo diplomatico comportò un costo molto alto: la nascita del più grande concorrente planetario.
Oggi, gli strateghi diplomatici repubblicani sembrano voler ripetere la strategia di Kissinger invertendo gli obiettivi. All’epoca, la Cina era felice di potersi concentrare sul confronto con l’URSS, ora vuole rendere felice la Russia per potersi concentrare sul confronto con la Cina. Al momento sembra non ci siano effetti negativi collaterali inaspettati di questa strategia. Ma forse, per l’equilibrio planetario, indebolire l’Unione Europea non è chiaramente un beneficio che forse è stimato correttamente né dagli Stati Uniti, né dalla Russia. Potrebbe essere che il revival della strategia kissingeriana produca nuovamente risultati assolutamente inaspettati. Non necessariamente positivi anche per i diretti promotori.
Umberto Suplasso è Senior fellow digital Center for future- Annemberg school, University of Southern California













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