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Italia ponte sul Mediterraneo ma si decide d’investire risorse nei porti del Nord

La Casmez aveva previsto di colmare il gap Sud-Nord, e dal 1951 al 1970 o poco oltre, ci è riuscita; poi … non è più servita a questo scopo. Io credo che sia tempo, inoltre, di una valutazione complessiva dell’esperienza delle regioni, anche di quelle a statuto speciale, e di una rivisitazione del concetto di autonomia e delle autonomie. Perché è vero, un decentramento che consenta forme di autogoverno e di maggiore vicinanza delle istituzioni ai cittadini, è forse auspicabile; ma un buon decentramento funziona se si sa bene chi fa cosa, cioè si individuano i vari livelli di responsabilità; se si hanno a disposizione risorse ingenti, finanziarie e di persone/lavoratori/cervelli, sufficienti a far fronte a queste responsabilità; se c’è la possibilità di controllare, da parte dello Stato centrale e soprattutto dei cittadini, l’attività “autonoma”, per poterla valutare e giudicare, fino ad attivare, se il caso, poteri sostitutivi.

In Italia invece c’è grande confusione nelle responsabilità; c’è grande conflittualità tra Stato e Regioni; una scarsissima o nulla collaborazione orizzontale, chiamiamola così, tra le regioni: la gestione della qualità dell’acqua del Po, ad esempio, non può essere affidata a ciascuna delle regioni attraversate dal fiume: il mare Adriatico non farà distinguo se l’inquinamento proviene da una regione ad autonomia più o meno differenziata, con più o meno potere sulle acque del Po, se l’acqua inquinata viene dalla Lombardia o dall’Emilia-Romagna!

I Comuni poi sono già schiacciati dall’Ente Regione (già ora, ad esempio, Vincenzo De Luca ha molto più potere complessivo di Gaetano Manfredi), lo sarebbero ancora di più in caso di aumento di competenze e potere della regione, perché sui andrebbe a costituire un cosiddetto neo-centralismo regionale peggiore del centralismo statale/nazionale.

Infine, legata al Pnrr, voglio toccare una questione particolare, la questione porti: il Pnrr, con significativi stanziamenti, prevede di potenziare i porti di Genova e Trieste (sì, Trieste, lassù, nello “stretto” mar Adriatico!), funzionali a una politica di sviluppo Tutto e solo al Nord. Le grosse navi cargo, tuttavia, non possono attraccare neanche a Genova, per i fondali, “bassi” per la loro stazza (niente paura, si utilizzeranno 500 milioni di euro per cominciare a lavorare per questo obiettivo!). Queste grosse navi, i cosiddetti Ulcs (Ultra Large Container Ship) – più di 200 mila tonnellate di stazza lorda, 400 metri di lunghezza, 61 metri di larghezza- adesso sono costrette ad attraversare lo stretto di Gibilterra, andare in Oceano Atlantico, per poi raggiungere, dopo molti giorni di navigazione, i grandi porti di Amsterdam, Rotterdam, Amburgo, tagliando fuori l’Italia da questo importante “traffico”. Ma in Italia esiste un porto che potrebbe accogliere questi giganti del mare? Sì, è Gioia Tauro. Che andrebbe però attrezzato, potenziato, collegato con ferrovia ad AV e AC, transitabilità per convogli Pc/80, sigla che indica la sagoma limite, il massimo di sagoma/dimensioni per vagoni/carri/materiale trasportato per transitare dappertutto: bisogna ovviamente adeguare i binari, le gallerie, le curve, gli interi percorsi a queste dimensioni. Bisogna investire! Anzi, bisognerebbe investire. Perché in realtà si è deciso di non farlo. L’idea, la vocazione dell’area di Gioia Tauro, quando fu pensata, doveva essere questa: un grande sistema per la logistica, con un retroporto attrezzato per la lavorazione di semilavorati, per spedizione, trasporto merci, eccetera, e che quindi avrebbe dovuto dare occupazione a centinaia di migliaia di calabresi, in una terra che soffre di una disoccupazione endemica.

Secondo molti studiosi, il “centro del “sistema mediterraneo” è individuabile nei pressi di Reggio Calabria/Gioia Tauro. Allora, per intercettare al meglio i traffici del Mediterraneo conviene posizionarsi al centro o in periferia? Meglio “puntare” su un porto sulla rotta principale proveniente da Suez verso Gibilterra oppure nell’estremo Nord? La risposta è ovvia, eppure l’Italia ha deciso di scommettere (e spendere tanti soldi!) sui porti in assoluto più a Nord di tutto il Mediterraneo. In Liguria e in Friuli Venezia-Giulia: incredibile, vero?

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