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Investimenti e coraggio per la sanità

Il risultato delle recenti elezioni politiche in Italia con la vittoria del centrodestra, in tema di sanità, necessità di un serio confronto tra parte politica e parte tecnica, in primis Federazioni e Ordini dei medici e di tutti gli Ordini delle professioni sanitarie, per poter organizzare al meglio quelle che sono le necessità della sanità in generale e dei bisogni delle persone in particolare, considerando che gli organi tecnici vivono i problemi dal di dentro e possono favorire il miglior inquadramento degli stessi. Nessuno pretende di prendere il posto dell’altro o di stravolgerne le decisioni, ognuno ha le proprie competenze attraverso le quali esprime responsabilmente le necessarie scelte. Ma lavorare in sinergia tra gli organismi, con lo stesso spirito e volontà di portare a un risultato positivo nell’interesse delle persone, è sicuramente un desiderio che chiunque abbia a cuore gli interessi di questo Paese dovrebbe perseguire.

Da medico mi aspetto che finalmente ci si renda conto che senza investimenti in sanità non possono raggiungersi obiettivi soddisfacenti. I problemi vanno affrontati di petto e risolti impegnando risorse. Le modifiche devono riguardare norme ed interventi strutturali e, proprio per questo, il supporto dei tecnici è auspicabile. Il primo problema da risolvere è quello della grave carenza degli organici, che non si risolve arruolando temporaneamente medici extracomunitari, sulle cui competenze e preparazioni, nonché la lingua, noi garanti della salute delle persone dobbiamo seriamente interrogarci. Non scordiamo che l’Ordine dei medici è un organo sussidiario dello Stato, cioè lo vicaria nei settori di competenza. E la salute delle persone è una di queste.

Allora serve una seria politica delle assunzioni dei medici e del personale necessario atta a far funzionare la macchina della sanità pubblica per garantire a ogni cittadino di questa Repubblica ed a tutte le Persone che si trovano nel nostro Paese, il diritto inviolabile che è sancito dall’articolo 32 della Costituzione. Occorre dapprima abolire l’anacronistica norma che prevede i tetti di spesa sulle assunzioni, poi una coerente politica di assunzioni. Fatto ciò, può partire un adeguato sviluppo della Medicina del Territorio investendo risorse dedicate, e i soldi del Pnrr, potranno servire allo scopo perché buona parte degli intenti descritti nella missione 6 va verso lo sviluppo del territorio, l’acquisto di grandi macchine, l’integrazione ospedale-territorio, oltre alla creazione delle Case della comunità, gli ospedali di comunità, a cui si aggiunge l’attenzione riservata a disabilità, cronicità, malattie rare e medicina di genere. Per fare questo può risultare di aiuto il supporto di chi vive all’interno del sistema. Così come lo fu la Fnomceo nel favorire la decisione dell’aumento delle borse di specializzazione necessario per superare il collo di bottiglia che teneva bloccati migliaia di giovani laureati in Medicina, nonostante la carenza di specialisti. I risultati di questo cambio di passo si vedranno fra tre anni, con le prime specializzazioni. E, a tal proposito, sarebbe un gravissimo errore togliere il numero chiuso a Medicina perché la pletora conseguente di laureati creerebbe tanti poveri disoccupati o che andrebbero a lavorare all’estero dopo che l’Italia ha speso per la formazione di ognuno di loro decine di migliaia di euro.

Passiamo al problema delle liste d’attesa. Non si crederà di poterlo risolvere con il poco personale attualmente in servizio, continuando a spremerlo come un limone, dopo la gran mole di lavoro a cui è stato sottoposto durante la pandemia. Le liste di attesa si superano con l’assunzione di personale. Attualmente si può solo pensare di avere un supporto dal privato accreditato ma, anche in questo caso, le Regioni devono rivedere i tetti di spesa e le tariffe delle prestazioni.

In ultimo voglio parlare delle cronicità, delle disabilità, delle malattie rare e delle reti oncologiche. Qui gli investimenti non devono assolutamente mancare e la presa in carico delle persone deve essere di grande efficacia. La spesa farmaceutica deve essere commisurata alle necessità della popolazione e non, ancora una volta, ai tetti di spesa. Le medicine non sono aperitivi o gelati, assunti per trastullarsi il palato, ma sono necessità alle quali le persone malate non posso rinunciare. E questo ci porta a ribadire che sul welfare bisogna investire risorse e non tagliare. Una grande attenzione e qualche preoccupazione è da me riservata al Regionalismo Differenziato del quale se ne è parlato molto poco durante la campagna elettorale. Speriamo che non diventi un dramma per la sanità delle regioni del nostro povero Sud.

Franco Lavalle è presidente dell’Ussmo

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