Resta ancora troppo bassa la redditività delle imprese turistiche pugliesi. È questo il tema cruciale da affrontare per lo sviluppo del nostro territorio. Intraprendendo un percorso sostenibile, sia dal punto di vista finanziario che da quello ambientale, occorre perseguire un modello di sviluppo che possa far incrementare i ricavi e gli utili delle aziende. Solo così si potranno prevedere nuovi investimenti e, conseguentemente, creare occupazione stabile e non solo stagionale.
Se gli arrivi e le presenze, anno dopo anno, stanno aumentando, con percentuali di crescita sempre più elevate, il dibattito deve ruotare non più sul maggiore afflusso di altri visitatori, quanto sugli strumenti da utilizzare per rafforzare il nostro tessuto imprenditoriale. Già da tempo, principalmente nel periodo estivo, la Puglia è frequentata da turisti provenienti da tutto il mondo. Forse, nei periodi più caldi, è anche troppo affollata. Tuttavia, i ricavi degli operatori del settore turistico non crescono di pari passo.
Se a fronte di migliaia e migliaia di arrivi non si riscontrano ritorni economici altrettanto eclatanti, allora vuol dire che il modello di fare impresa non è redditizio come dovrebbe. O meglio, vuol dire che la nostra offerta turistica non è così matura da garantire buoni profitti. Ci sono alcune aziende in cui le uscite superano le entrate e, con il passare del tempo, potrebbero vedersi costrette a chiudere, nonostante il turismo sia considerato un settore in buona salute e in crescente espansione.
Va detto che non è la prima volta che viene alimentato un dibattito su questo tema. Ma occorre ripartire da quelle elaborazioni di dati e di indicatori statistici che rilevino non solo le attività direttamente o indirettamente legate al comparto (alloggi, ristoranti, agenzie di noleggio o di viaggio, imprese dell’intrattenimento e del divertimento), ma anche la natura giuridica delle stesse, il capitale sociale, il valore della produzione, la classe e la tipologia di addetti, oltre alla «capacità ricettiva» del territorio.
Sindaci, assessori con delega, associazioni di categoria, datoriali e sindacali, docenti universitari, sono tanti i soggetti intervenuti nel confronto, attraverso idee, riflessioni, punti di vista, proposte e progetti.
Prima l’attenzione era tutta rivolta agli arrivi e alle presenze, tralasciando gli aspetti più concreti ovvero gli incassi delle aziende che risultano ancora troppo bassi. Se le imprese non fanno utili tali da potersi permettere nuovi e crescenti investimenti, non sarà mai possibile centrare l’agognato salto di qualità. Sul fronte del mercato del lavoro, ad esempio, i picchi che si registrano soltanto nel periodo estivo sono dovuti ad impieghi occasionali, atipici e stagionali che non hanno portato, ma dovrebbero portare, a risultati durevoli nelle dinamiche occupazionali.
L’analisi dei dati non lascia spazio ad interpretazioni: purtroppo, il tessuto imprenditoriale non è ancora maturo, visto che la gran parte delle aziende avrebbe un valore della produzione così modesto da non essere tenuta al deposito dei bilanci.
Anche analizzando il capitale sociale delle stesse, ci si può rendere conto che il sistema è ancora fragile.
Questa debolezza è confermata anche dai numerosi commenti. Da una parte, gli imprenditori lamentano una scarsa programmazione, avviata dagli enti preposti, che in alcuni ambiti viene considerata lacunosa, se non del tutto assente.
Gli stessi evidenziano anche di essere lasciati da soli e di doversi spesso affidare al caso.
Dall’altra parte, invece, i Comuni e i Gruppi di azione locale (Gal) chiedono una maggiore professionalità da parte degli operatori del settore. In questo rimpallo di responsabilità, non si può che invitare i titolari di ditte individuali e i soci di società di capitali o persone, cooperative o consorzi, a “fare rete” nel loro stesso interesse, al fine di rafforzare l’attività di lobbying che solo in Italia ha da sempre avuto un’accezione negativa, ma in realtà bisogna intenderla come un gruppo di persone legate da interessi comuni che si riuniscono per ottenere provvedimenti a sostegno della propria categoria.
Per competere sul mercato, le imprese turistiche hanno bisogno di investimenti, delle opportune competenze manageriali e gestionali, nonché di un’adeguata formazione del personale.
Ormai, non bastano più o la passione o la simpatia o la buona volontà, se si vuole realmente che il turismo possa risultare trainante per l’economia locale. Il nostro vero punto di forza, cioè l’offerta artistica, culturale, paesaggistica e naturalistica, è indebolito da una serie di criticità.
Il turismo deve essere opportunamente gestito, con l’obiettivo di generare valore nel tempo sia a vantaggio delle imprese quanto per la province pugliesi nel loro insieme in un processo più ampio di pianificazione e sviluppo territoriale.
Davide Stasi è responsabile dell’Osservatorio economico Aforisma
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