Numerose indagini sociologiche evidenziano, sempre con maggior frequenza, il distacco tra il nord ed il sud del Paese nel consumo culturale. Forse è arrivato il momento di avviare delle azioni capaci di aumentare, anche sul nostro territorio, un’educazione al “bello” che passi dallo spettacolo dal vivo. Un’educazione che finalmente elimini stereotipi e pregiudizi tra il sapere accademico e la conoscenza popolare, a favore di una cultura condivisa che faciliti la diffusione pari ed equa, in tutte le sfere sociali, di strumenti utili al godimento di emozioni salienti. Perché la fruizione dal vivo è un ottimo antidoto all’astenia della rete e dei social. Specialmente dopo la crisi pandemica che ha isolato tante e tanti di noi. Del resto, molti blasonati teatri italiani, a partire da Roma e da Milano, con un occhio alla ricerca “del nuovo” e con l’altro ai bilanci economici, si sono emancipati proponendo nei loro luoghi una piccola rivoluzione. Non più e non solo spettacoli, ma anche spazi dedicati al tempo libero, alla lettura, alla gastronomia.
Così, dove prima c’era un teatro che apriva alle 18 e chiudeva a mezzanotte a fine spettacolo, adesso ci sono delle vere e proprie piattaforme multiformato dedicate all’intrattenimento intelligente ed aperte dalla mattina alla sera (leggi notte fonda). Luoghi di aggregazione dunque, declinati con estrema vivacità in varie forme espressive: il teatro, il cabaret, la musica dal vivo, il cinema, l’alta scuola di formazione attoriale, ma anche la ristorazione, l’organizzazione di feste, eventi, convention aziendali capaci di sostenere l’intera struttura senza gravare, se non per quanto destinato legittimamente alle produzioni artistiche, sui bilanci degli Enti preposti alla loro tutela e conservazione. Tutto molto bello, ammettiamolo. Perché uno dei maggiori caratteri innovativi di queste proposte è nella scelta ponderata di usare lo spazio a disposizione non a senso unico, ma moltiplicandone le possibilità d’uso grazie ad alcuni innovativi effetti di scenotecnica (in platea uso di sedie a scomparsa, disegno delle luci non limitato solo al palco, ma esteso anche alla platea ed agli altri locali, uso di tecnologie all’avanguardia come gli ologrammi ecc. ecc.). Che dite? Non è arrivato il momento anche in Puglia di partire con questi progetti veramente fluidi nei quali -a tutto tondo- potrebbe entrare da protagonista anche la classe imprenditoriale del nostro territorio? Del resto, il Politeama Petruzzelli di Bari non fu eretto da due fratelli commercianti? La tradizione ce l’abbiamo, basterebbe rinnovarla, anche “di concerto” con gli Enti patrocinatori, che potrebbero intervenire con misure ad hoc, ma soprattutto potrebbero validare l’efficacia delle azioni proposte, delle strategie attuate, del successo degli obiettivi previsti.
Sarebbe un bene per tutte e tutti. Anche perché, al netto dei crediti d’imposta e dei bonus cultura, la classe imprenditoriale non deve servire solo a dare soldi, ma anche a consigliare ed investire in progetti capaci di produrre profitto nel pieno rispetto delle leggi che tutelano la collettività, le lavoratrici ed i lavoratori. Insisto: invece che chiedergli solo soldi perché risparmino sulle tasse, ai nostri imprenditori “mettiamoli in mezzo”, facciamo che il loro fiuto porti in attivo conti da sempre in passivo.
I risultati non mancherebbero. Si renderebbero davvero pubblici luoghi e spazi altrimenti impolverati di una retorica ormai vetusta e fuori tempo. Senza contare che, con una struttura in attivo, molte risorse pubbliche potrebbero essere destinate ad altre finalità artistiche sempre di matrice popolare perché – come si dice – il Teatro è di tutti.
Bentornato,
Registratiaccedi al tuo account
Tutte le news di Puglia e Basilicata a portata di click!