Durante una conferenza, una signora del pubblico mi chiese quale fosse secondo me il segreto per essere felici. Credo che questa sia una domanda che ognuno si sia posto almeno una volta nella vita e a cui si può rispondere solo grazie all’esperienza dello stesso vivere.
C’è una parola che più di tutte, a mio avviso, può aiutare a comprendere meglio questo dilemma. La parola è accoglienza. Partendo dall’etimologia, scopriamo che deriva dal latino colligere, che significa cogliere, raccogliere, ma per estensione anche ricevere presso di sé e quindi accettare. E allora impariamo ad accettare. Impariamo ad accettare ciò che siamo, non solo quella parte che vediamo riflessa nello specchio e con un colpo di spazzola o un tocco di fard può apparire bella ed affascinante. Impariamo ad accettare anche quella più profonda e misteriosa che ci abita, quella che Jung chiamava ombra.
Accogliamo la rabbia, quel fuoco che divampa, ma che è un frammento di identità. Lasciamo che sia, viviamolo, passiamoci attraverso proprio come i Romani alle Forche Caudine, consentiamo che fluisca e osserviamo come evapora. Portiamo l’attenzione a come siamo cambiati accogliendo la rabbia e non respingendola. Impariamo a vivere le emozioni, a non temerle. Ecco perché credo che la parola accogliere sia legata alla felicità, perché accogliere è la cosa più naturale che esista. Pensiamo alla terra che riceve il seme, che lo copre, lo avvolge, lo riscalda, lo nutre, lo aiuta a crescere. O ancora alla pioggia che cade nei fiumi, che sfociano nel mare e diventano un’unica entità. La natura è maestra nell’insegnarci che accogliere non è mai una perdita, ma un arricchimento.
Ma allora cosa significa accogliere le emozioni? Guardiamo ancora a ciò che c’è intorno a noi, ci basta alzare gli occhi e scrutare il cielo quando è pieno di nuvole per scoprire la presenza di alcune bianche e soffici, proprio come la gioia e l’amore, e altre scure e minacciose, simili alla rabbia e alla tristezza. Cosa sarebbe il cielo se mancasse anche solo una di loro? Accogliere le emozioni significa permettere loro di esistere, senza giudizio, senza respingerle. Impariamo a riconoscerle dando loro un nome, lasciandole fluire, proprio come quelle nuvole che ad un tratto diventano pioggia. Pioggia che diventa fiume, fiume che diventa mare, mare che non distingue la provenienza dell’acqua.
Bentornato,
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