Il rischio di rincari inutili

Se il Sindacato Italiano Librai parla di un aumento medio dei prezzi dell’8%, l’Associazione Italiana Editori ritiene, invece, che l’aumento si attesti al 3,2%, dunque contenuto rispetto all’incremento esponenziale del costo della carta. Ma non si tratta più solo di carta. Almeno dal 2014 sono stati introdotti nelle scuole i libri digitali, che ora costituiscono una parte importante dell’offerta didattica delle case editrici.

In molti casi, con l’introduzione delle classi digitali, il libro è esclusivamente immateriale e fruibile su piattaforme per il tramite di Ipad e tablet. Proprio per questo lo stesso Ministero dell’Istruzione (e del Merito), nella circolare 8393 del marzo 2023, riduce del 10% il tetto di spesa massimo per il costo complessivo dei libri di testo se questi sono in modalità mista e del 30% se sono esclusivamente digitali. Pertanto, le motivazioni alla base di questo ulteriore aumento sembrano non sussistere, soprattutto nei molteplici casi in cui il testo è una riproposizione, lievemente modificata, di edizioni precedenti.

Probabilmente sarebbe stato preferibile giustificare gli incrementi di prezzo proprio con la necessaria riorganizzazione dello strumento didattico, ormai diventato un prodotto multimediale fruibile in varie modalità e in base a diverse necessità. Rimane il fatto che la qualità media dei testi non sembra particolarmente cambiata e che, nonostante le innovazioni informatiche e gli approcci multimediali, i contenuti proposti non siano molto diversi dal “classico” libro cartaceo.

Forse non a caso una indagine Istat del 2021 evidenzia che i testi scolastici presentano una riduzione della quantità dei titoli pubblicati (- 14,6%) ed una crescente tiratura (+ 32,9%). Si dimentica, inoltre, un ulteriore problema: la didattica digitale, che vede coinvolta la maggior parte degli Istituti scolastici (in particolare le scuole secondarie di primo e secondo grado), richiede alle famiglie una ulteriore spesa per l’acquisto di Ipad e tablet.

Da una indagine condotta nella primavera scorsa nelle scuole di Bari e provincia dalla Flc Cgil è emerso che l’utilizzo di dispositivi multimediali in classe parte spesso dalla scuola secondaria di primo grado e costituisce, in non pochi casi, un obbligo di acquisto. Infatti, in molti Istituti le classi digitali sono diventate la norma e così il necessario possesso di specifici dispositivi informatici. Pertanto, mentre dobbiamo constatare il progressivo aumento del costo dei libri di testo, dobbiamo anche rilevare che le aziende di fornitura di prodotti informatici sono diventate anche esse una agenzia in costante contatto con le scuole e che anche questi strumenti acquistati direttamente da famiglie e personale docente (il libro è – o, meglio, dovrebbe essere – gratuito, il tablet rimane una spesa personale) dovrebbero tener conto di un tetto di spesa massimo.

Dall’indagine è anche emerso il caso limite di alcune scuole che hanno costretto il personale docente a cambiare in corsa l’adozione dei libri di testo, a causa della minore usabilità dei contenuti digitali sui device in uso da parte degli studenti. Due sembrano i problemi che emergono con forza: per prima cosa, in un contesto di profonda crisi economica per molte famiglie, l’incremento dei costi dei libri di testo e le nuove spese per dispositivi informatici rendono ulteriormente onerosa la frequenza scolastica (persino nella scuola dell’obbligo), costituendo di fatto una grave violazione del diritto allo studio e della sua gratuità specie nella scuola dell’obbligo (meglio, del “diritto-dovere”).

Andrebbero infatti contemplate, oltre alle spese per l’acquisto dei testi e dei supporti informatici quelle che si accompagnano a una frequenza completa e qualificata della scuola da parte degli studenti (il contributo per il funzionamento della scuola, talvolta passato come “tassa”, le spese per viaggi d’istruzione e tante piccole e grandi spese che gravano ordinariamente sulle famiglie nel corso dell’anno scolastico).

In secondo luogo, l’adozione dei libri di testo e della didattica digitale sembra in molti casi subìta dai docenti, quando dovrebbe essere una loro imprescindibile competenza (gli strumenti didattici sono parte integrante della professionalità agìta in classe). Il diritto allo studio (e la sua imprescindibile gratuità) deve accompagnarsi con la piena libertà dei docenti di definire l’azione didattica e i suoi strumenti. In assenza di questo binomio è persino possibile che le ulteriori spese richieste impropriamente agli studenti e alle loro famiglie rischino di diventare persino inutili, se non controproducenti.

Ezio Falco – segretario Flc Cgil Bari

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