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Il requisito e il ruolo richiesti a un avvocato

Una figura importante, all’interno di un Istituto di Pena, è senza dubbio l’avvocato, ruolo esercitato dallo scrivente, per circa un decennio, al servizio di un mandato che spesso è stato di supporto agli ultimi e agli emarginati, non solo all’interno delle Carceri Italiane.

Un legale rappresenta per un soggetto ristretto una luce e una speranza, una persona che, quasi con poteri “taumaturgici”, così percepiti in maniera abnorme, sia in grado di condurre alla libertà, seppur in situazioni fortemente compromesse dal punto di vista giudiziario. Un avvocato, rievocando alcune delle dodici regole di comportamento postulate da Alfonso de’ Liguori (Degli obblighi de’ giudici, avvocati, accusatori e rei”, Sellerio Palermo, 1998), in carcere deve assumere un impegno gravoso da ottemperare in maniera diligente. «La dilazione e la trascuratezza negli avvocati spesso dannifica i clienti e si devono rifare i danni, altrimenti si pecca contro la giustizia».

Al fine di contribuire all’auspicato ravvedimento del ristretto, un Legale deve conoscere non solo le connotazioni della condotta illecita, ma deve conoscere i trascorsi e la storia dello stesso, cercando di calibrare le sue forze in ragione delle sue risorse. Il professionista deve essere predisposto al dialogo e all’ascolto attivo, in quanto dal dettaglio può emergere uno strumento per lenire la pena in termini temporali e lo stimolo al ravvedimento. «Le cause dei clienti si devono trattare con quell’impegno con cui si trattano le cause proprie… è necessario lo studio dei processi per dedurne gli argomenti validi alla difesa della causa». L’avvocato dev’essere punto di riferimento costante e deve approntare la linea difensiva, non solo su fondati elementi giuridici, ma anche sulla base delle connotazioni caratteriali e personali del proprio assistito. Solo così, solo attraverso la verità, potrà giungere ad un risultato positivo che sia di lungo orizzonte. I prodromi di un diritto alla difesa universale, così come esplicati dal celebre Sant’Alfonso Maria De Liguori, oltre a rappresentare fondamento Costituzionale, sono essenza di un percorso riabilitativo e non devono essere, esclusivamente, ricondotti, all’alveo delle dinamiche processuali, ma, devono estendersi a dinamiche introspettive che stimolano il ravvedimento.

La visita di un legale provoca un sorriso nel detenuto, il quale spera sempre in una parola di conforto e in una buona novella. Il Professionista deve avere una grande capacità relazionale e deve fondare, secondo i principi di lealtà e probità, il suo operato sulla efficacia di rapporti professionali con le componenti rappresentative dell’Amministrazione penitenziaria. Tra queste, una relazione importante è, senza dubbio alcuno, quella che deve instaurare con l’Area Trattamentale, protagonista diretta dell’osservazione scientifica del ristretto.

Attraverso un confronto diretto con la medesima è possibile comprendere l’efficacia del percorso riabilitativo del reo, al fine di constatare se sussistono i presupposti per accedere al sistema premiale previsto dall’Ordinamento Penitenziario e, quindi, formulare istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere dei benefici. Di traslato, emerge in maniera inequivocabile l’importanza della relazione professionale con il Magistrato di Sorveglianza, figura apicale che vigila sulla corretta espiazione della pena.

Ogni istanza presuppone alle spalle la presenza di un uomo che è già stato condannato e, quindi, giudicato colpevole dall’Ordinamento Giuridico Italiano ma che, in ottica prospettica, deve essere reinserito nell’intorno sociale, evitando ogni forma di emarginazione. La richiesta non deve risultare ciclostilata, ma deve essere dettagliata e circostanziata, partendo dall’anamnesi dell’uomo e del suo vissuto. Non operare in tal senso significherebbe espletare le proprie funzioni in maniera asettica, senza entrare nel giusto merito, equiparando situazioni personali che, inevitabilmente, divergono l’una dall’altra.

L’avvocato deve essere, nel rispetto dei ruoli, un unicum con il proprio cliente. Quest’ultimo deve essere sempre sensibilizzato al valore della verità, in quanto solo attraverso la verità si può giungere alla fine del ponte che ricongiunge alla piena libertà. Di contro, l’avvocato non deve alimentare pretestuose speranze, millantando soluzioni inesistenti ed evitando la costruzione fragile di nefaste aspettative. Deve essere perseverante il rispetto del codice deontologico, oltre che dei principi etici e morali che devono orientare i comportamenti umani. Nell’esperienza personale, vissuta per oltre un ventennio all’interno degli Istituti di Pena locali, la figura forense è risultata essenziale come supporto delle varie attività trattamentali, anche al fine della realizzazione di iniziative socializzanti, che hanno visto il coinvolgimento del territorio, inizialmente restio ad entrare in un Istituto di Pena.

A titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, tra le varie azioni realizzate, è da segnalare l’attivazione del Centro di Ascolto, organo essenziale per garantire un contatto diretto con la popolazione ristretta che, periodicamente, nel rispetto delle regole, viene ascoltata. Una valvola di sfogo, un ulteriore punto di riferimento, un’altra luce in un buio accecante. Di tale esperienza, è rimasta particolarmente impressa l’espressione di un Detenuto: “In questo luogo si entra tristi e con un problema e si esce con il problema ma con il sorriso”. Emblematico pensiero, attestante la valenza dell’ascolto e della comunicazione, che non risolvono una situazione problematica, ma che alleggeriscono il peso del logorio determinato dal pensiero incessante. Anche dal punto di vista pedagogico e didattico, il Legale ha dato una forte mano all’attività scolastica, il quale, nell’ambito delle lezioni, al fine di rendere attrattiva e coinvolgente l’azione formativa, utilizza concetti giuridici utili al discente per formulare istanze personali alla Direzione, all’Area Didattica, alla Polizia Penitenziaria e al Magistrato di Sorveglianza. Agli studenti viene inculcato un principio civico importantissimo: le cose vanno chieste, se spettano nel perimetro giuridico, e non pretese! Lo strumento principale della richiesta è rappresentato dalla penna e non dalla violenza. Ovviamente, vengono rilevati notevoli miglioramenti degli standard qualitativi della comunicazione e delle capacità di autocontrollo e di ragionamento. Di guisa, un Avvocato rappresenta una figura di riferimento poliprospettica che deve agire con diligenza professionale ma anche con un supplemento d’animo che favorisce la riconnessione tra la mente e lo spirito, rafforzando ricerca e coscienza, all’insegna di una legalità infranta che deve essere necessariamente ritrovata, in soverchio ossequio al principio del ‘ neminem laedere’.

Dal punto di vista puramente sociologico, il risultato è sicuramente vincente in termini di sensibilizzazione verso gli Istituti di Pena. Tale impegno, nel rispetto della portata del mandato conferito, è pienamente ripagato dal sorriso, seppur temporaneo, che si dona alla persona sofferente, andando oltre l’appagamento interconnesso al compenso. La sofferenza viene lenita da tali momenti conviviali e socializzanti e non sfocia in maniera deviante, come spesso accade, in rabbia e violenza.

L’avvocato, in tale ottica, diviene baluardo di legalità e riconversione, quest’ultima intesa come ultimo step del trattamento, oltre la standardizzazione delle sequele processuali, oltre la pena, all’insegna di una rinascita ineludibile.

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