A testimoniare plasticamente il fallimento del Pnrr ci pensa la nostra storia migliore: il miracolo economico italiano. Provo a spiegare il perché in queste righe, ospite del giornale L’Edicola.
L’intervento iniziale della Cassa per il Mezzogiorno fu indirizzato, come noto, alla cosiddetta preindustrializzazione, alla creazione cioè delle condizioni ambientali necessarie per lo sviluppo di un’industria competitiva: il 70% della dotazione finanziaria era destinato all’agricoltura e il restante 30% ad opere di infrastrutturazione civile. L’obiettivo del primo programma decennale della Cassa di rendere conveniente l’investimento industriale, attraverso il miglioramento delle condizioni ambientali e l’incremento delle dimensioni del mercato meridionale, non fu però conseguito, almeno nella misura sperata, come confermato dall’andamento stazionario del divario negli anni ’50.
Soprattutto perché la maggiore domanda del Mezzogiorno sia di macchine e attrezzature che di beni di consumo derivante dalla spesa della Cassa fu principalmente soddisfatta dall’industria settentrionale, che ne ricavò ulteriore stimolo per la propria espansione. Come i neomeridionalisti non si erano mai stancati di ribadire in quegli anni, solo una modifica strutturale dell’economia meridionale attraverso un peso maggiore dell’industria avrebbe consentito il conseguimento di più consistenti effetti di sviluppo.
Fu cosi che, vincendo le persistenti resistenze degli imprenditori del Nord e degli economisti liberali all’industrializzazione del Mezzogiorno, e dopo l’avvio del Mercato Comune Europeo, nel 1957, che prevedeva la rapida abolizione di ogni protezione doganale e, con un apposito protocollo aggiuntivo, autorizzava interventi a favore del Mezzogiorno d’Italia (unica grande area europea in ritardo), con la legge 634 del luglio 1957 si dette avvio ad una vera politica di industrializzazione.
Le sue due leve furono, da un lato, il deciso rafforzamento della politica degli incentivi a favore degli investimenti; uno strumento volto a compensare la minore convenienza a investire delle imprese ubicate nell’area sottosviluppata, nei confronti delle loro concorrenti dell’area già sviluppata. Dall’altro, il sistema delle imprese pubbliche, in base alla legge 634, avrebbero potuto destinare al Sud il 60% degli investimenti in nuovi impianti e il 40% degli investimenti complessivi. La politica di industrializzazione, ed in particolare quella di incentivazione che, secondo tante valutazioni critiche basate su luoghi comuni, sarebbe poi divenuta , ancora fino ad oggi, sinonimo di politica di per sè inefficace, riscosse un giudizio decisamente positivo da parte della Banca Mondiale.
Questo è tema di ulteriori approfondimenti da fare con un prossimo articolo mirato, dove parlerò dello scontro che provò a non concedere una doverosa protezione tariffaria alle imprese del Sud da parte delle imprese del Nord.












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