Quando dalla loggia di San Pietro è risuonata la formula rituale Habemus Papam, nessuno immaginava che il nuovo successore di Pietro, il cardinale statunitense Robert Prevost, avrebbe scelto il nome di Leone XIV. Un po’ Leone XIII e un po’ Leone il matematico, arcivescovo bizantino del IX secolo, entrambi si fanno interpreti di una tradizione che non vede nella scienza un nemico, ma una possibilità di lode. Leone il Matematico lo fece in un’epoca in cui la cultura classica rischiava l’oblio; Leone XIV potrebbe farlo oggi, in un mondo dove la tecnologia rischia di diventare idolatria. Le conoscenze scientifiche del nuovo pontefice gli offrono un linguaggio rigoroso con cui leggere i nuovi “segni dei tempi”: l’intelligenza artificiale, l’algoritmo, la digitalizzazione della coscienza collettiva.
Leone XIV, 267esimo Papa della Chiesa cattolica, è un pontefice dalla formazione inusuale: laureato in matematica, con una profonda conoscenza delle scienze esatte, può parlare con la sicurezza del pensiero razionale e la grazia della tradizione spirituale. E proprio questo binomio – scienza e fede – sembra destinato a segnare l’inizio di un pontificato di nuovo conio: capace di misurarsi con le sfide dell’intelligenza artificiale, della bioetica, della geopolitica delle disuguaglianze, senza abdicare all’identità cattolica.
L’elezione di un Papa americano ha già, di per sé, un forte impatto simbolico: non tanto perché venga da una superpotenza, quanto perché proviene da un crocevia culturale.
Non è un Papa trumpiano, e non lo sarà. Non è amico dei nazionalismi né delle semplificazioni populiste. Non crede a un cattolicesimo identitario, territoriale, chiuso nel culto della tradizione. La Chiesa cattolica – come ribadì Leone XIII – è universale e come tale non può che restare aperta al mondo, ai suoi mutamenti, alle sue lacerazioni.
Leone XIII fu il primo Papa della modernità: nel 1891, con l’enciclica Rerum Novarum, offrì una risposta cristiana ai drammi del capitalismo selvaggio e alle insidie del socialismo rivoluzionario. Si fece Papa dei lavoratori, senza cedere alla lotta di classe; riconobbe il diritto alla proprietà privata, ma condannò lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; sostenne l’intervento dello Stato per garantire giustizia e dignità, ma valorizzò anche il ruolo della società civile.
E non è un caso che proprio Leone XIII sia stato il primo Pontefice ad apparire in un filmato: intuì che la tecnologia non era un nemico, ma un linguaggio. Ecco perché la scelta del nome “Leone XIV” da parte di Prevost può leggersi come un gesto programmatico: indicare che anche oggi, in un’epoca segnata dall’intelligenza artificiale, dalla realtà aumentata, dalla comunicazione istantanea e dalla disintermediazione, la Chiesa non può restare spettatrice. Deve essere interlocutrice.
Leone XIV eredita un mondo scosso dalla polarizzazione politica, da guerre che lacerano il tessuto internazionale e da una crescente sfiducia nelle istituzioni. La tentazione di rifugiarsi in una spiritualità asettica o in un tradizionalismo rassicurante è forte.
In un tempo in cui la tecnologia rischia di divorare l’umano, un Papa matematico può insegnare l’arte della proporzione, della misura, della ponderazione. Non per sterilizzare il Vangelo, ma per renderlo ancora più fecondo nel mondo ipercomplesso in cui viviamo. Come suggerisce la dottrina sociale della Chiesa – da Leone XIII in poi – lo sviluppo autentico non è mai solo materiale: è umano, spirituale, relazionale.
Al tempo stesso, Leone XIV, non a caso il nome prescelto ricorda un po’anche Frate Leone, uno dei compagni più vicini a San Francesco d’Assisi, dovrà misurarsi con l’eredità – tanto ricca quanto impegnativa – del suo predecessore, papa Francesco: la “Chiesa in uscita”, la scelta preferenziale per i poveri, il dialogo ecumenico, la sensibilità ambientale, la sinodalità. Tutte sfide che richiederanno, più che continuità o discontinuità, discernimento. E forse proprio qui il nuovo Papa potrà far valere la sua preparazione: nel calcolare le traiettorie possibili della Chiesa senza rinunciare al Vangelo.
In fondo, il pontificato di Leone XIV comincia sotto il segno di una doppia fedeltà: al rigore del pensiero e al respiro della misericordia.
Se Leone XIII ha saputo tenere insieme i dogmi e la questione operaia, Leone XIV potrebbe essere il Papa capace di tenere insieme la verità e il digitale, la carità e l’algoritmo. Un Papa che parla con il mondo – e non contro di esso – per ricordare a tutti che la fede non è evasione dal tempo, ma trasformazione del tempo.