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Il Mezzogiorno ha bisogno di recuperare visioni strategiche

Pasquale Saraceno, l’illuminato economista figlio di meridionali emigrati al nord, aveva reso esplicito il suo pensiero, in modo inequivoco: “Il Mezzogiorno era un tipo di area a se stante i cui problemi peraltro potevano essere pure affrontati con gli strumenti dell’analisi keynesiana; questi infatti consentivano di rendersi conto che il sostegno della domanda non vi avrebbe determinato ripresa degli investimenti, ma inflazione. Occorreva quindi impegnarsi direttamente nella formazione del capitale e quindi dalla parte dell’offerta e non della domanda. Ai risultati di un’azione di sostegno della domanda . È stato comunque ragionando intorno al Keynes, che il nuovo meridionalismo del dopoguerra ha potuto superare le pur appassionate posizioni del meridionalismo classico e proporre, sia pure nella generale disattenzione, concrete politiche di intervento”.

Una visione strategica, una “governance” economica mirata, una “governance” politica ed istituzionale in grado di reggere la sfida.

La Cassa per il Mezzogiorno doveva giocare un ruolo dentro questo recinto per essere efficace e nello stesso difendersi dall’urto di vincolare gli aiuti a determinate categorie di beni che avrebbe contribuito a deformare il processo di aiuti e favorire le pressioni degli esportatori ci e importatori sull’amministrazione per orientare il flusso dei finanziamenti su questo o quel bene, la corruzione insomma.

È stato questo il punto su cui Menichella ha nei fatti avuto ragione e sul quale siamo chiamati a ragionare in questa fase di non pensiero.

Oggi, il Piano nazionale di ripresa e resilienza paga ancora le grandi preoccupazioni che furono di Menichella (Governatore della Banca d’Italia per due mandati), le nostre Istituzioni di ogni ordine e grado non sono nella condizione di affrontare un tema enorme che ancora non trova adeguate risposte nonostante la massa di danaro planata sul Sud in questo cinquantennio.

Riforme strutturali generose e profonde del nostro sistema istituzionale a partire dal governo locale sono necessarie per non dire non più derogabili. Regole che cristallizzano l’azione innovatrice ed i notevoli cambiamenti in atto a velocità incredibili.

La “Governance” attuale corre con la testa rivolta all’indietro, non dialoga in un tempo di “connessioni spinte” e sbatte inesorabilmente contro il muro dell’ennesimo fallimento.

Ancora oggi è valido questo assunto: “Questa impostazione era indirizzata, nel caso dei territori meridionali, allo sforzo per “individuare un modello istituzionale preciso, una metodologia di intervento statale che fosse anch’essa coerente con il modello e si ispirasse a esperienze di intervento statale di successo in altri paesi”; così come, interpretava “l’industrializzazione, come uno scopo ultimo ma anche come componente essenziale “sottostante il modello e la metodologia individuati”.

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