Il Mediterraneo può salvare il Mezzogiorno

Sono stato al Blu festival di San Foca, in Salento, a raccontare la mia idea di memoria scolpita in “Cammini a Sud”. Poi a Noci, nel Barese, per lo stesso motivo, e a Brindisi di Montagna, un paesino a qualche chilometro da Potenza, nella foresta della Grancia, terra di briganti e di cafoni sfruttati e di meridionali espatriati. In mancanza di collegamenti ferroviari, ho preso un autobus di buon mattino, alle 5.45, il che significa rimanere in piedi la notte. Da casa mia in campagna mi sono dovuto muovere alle 4.45, il che significa essere in piedi alle 3.45. A Potenza mi ha atteso Francesco Saverio che è arrivato da Napoli. Insieme a un altro gruppo di meridionali solo un mese fa abbiamo costituito “Unità Mediterranea” per il riscatto di tutti i Sud che si bagnano nel nostro mare. Ma perché vado in certi posti?

Spopolamento, abbandono, desertificazione, svendita del territorio, mistificazione sulle illusioni di sviluppo tutte svanite e rimpiazzate da un turismo usa e getta, non contraddetto ma esaltato da qualche sacca di “gentrification” che attrae maharaja indiani, petrolieri arabi e inaffidabili capi di stato, capi di governo e politici per caso giunti da quelle parti. Aggiungeteci quella subdola secessione del Nord che va sotto il titolo di autonomia differenziata, la trasformazione del Mediterraneo in un campo di morte, la proliferazione di impianti e progetti eolici e fotovoltaici a snaturare il territorio interno e quello costiero. Se non bastasse, pensate alla biodiversità mediterranea, alla dieta mediterranea (patrimonio dell’Unesco) all’agricoltura familiare, ai mestieri e al pensiero meridiano: tutta roba portata all’ammasso, come i 200 miliardi di euro stanziati dall’Europa per il riequilibrio territoriale e dirottati impudentemente a Nord. Il quadro è completo. Mancano solo gli 80mila ragazzi che ogni anno se ne vanno. Ce n’è abbastanza per interrogarsi sul destino del Sud in questo Paese.

Allora, a Brindisi di montagna, in Basilicata, una piccola associazione nata a Venosa – Carta di Venosa il suo nome – getta un sasso nello stagno. È tempo di separazione, dicono. Ciascuno per proprio conto e che ciascuno sia responsabile del proprio destino. Ecco perché ci vado. Ho raccontato il Sud attraverso i miei cammini, ora voglio ascoltare e partecipare a questo appuntamento sul crinale della protesta estrema. Cosa penso? La nostra salvezza è il continente mediterraneo. Lo è per il Sud e per l’Italia, oltre che per la stessa Europa. Questa sembra essersi svegliata dal suo torpore e ha nominato un commissario al Mediterraneo. L’augurio è che serva a eliminare la schizofrenia della politica europea sin qui tutta orientata al Mare del Nord e non a controllare i processi migratori. Lo è anche per l’Africa e il vicino e medio Oriente. La deriva isolazionistica degli Stati Uniti che si materializzerà con la probabile vittoria del sovranista Donald Trump renderà la scelta mediterranea urgente e irrinunciabile, incalzati dalla voglia di imperialismo militare di Vladimir Putin e dalla voglia di imperialismo commerciale di Xi Jinping, oltre che dalle furbe mire di Erdogan. Ho raccontato questa mia visione nella foresta di Brindisi di montagna: non mi farò sopraffare dalla stanchezza nello schierarmi accanto a questo sparuto numero di meridionali che urlano la loro idea di rivoluzione sperando che qualcuno a Sud li senta. Io continuerò a provarci e ad ascoltare. Serve poesia a questo misero e malandato Paese e l’urlo che sale dalla terra di briganti, cafoni, espatrianti, somiglia tanto alla poesia: un fiore che si innalza al cielo al di sopra di tutte le bruttezze e le nefandezze. A ben pensarci, questa può davvero essere considerata poesia.

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