Il nuovo patto Fisco-contribuenti e la reciproca fiducia quali strumenti per la diffusione dei regimi di adempimento collaborativo sono tra i principali tratti distintivi della riforma fiscale in atto. Una riforma che punta su un cambio di paradigma nell’azione di contrasto all’evasione basato sul passaggio da una logica repressiva, di controllo successivo, a una più collaborativa, di dialogo preventivo, maggiormente in linea con una visione moderna del rapporto tributario. Di questo si parlerà nel corso del convegno di studio dal titolo “Cooperative compliance. Profili fiscali, contabili e di sostenibilità”, che si terrà domani a Bari, nella Libera Università Mediterranea “Giuseppe Degennaro”, alla presenza del ministro per gli affari europei e del Sud, Raffaele Fitto, e del viceministro dell’Economia e delle Finanze, Maurizio Leo, nonché di autorevoli esponenti dell’amministrazione finanziaria e del mondo accademico e professionale.
L’incontro sarà l’occasione per analizzare l’impatto della cooperative compliance sulla governance aziendale e sui sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi. Il dibattito si articolerà in tre tavole rotonde dedicate agli aspetti fiscali, contabili e di sostenibilità della cooperative. Particolare attenzione sarà dedicata alla nuova certificazione del sistema di gestione e controllo del rischio fiscale (Tax Control Framework) che il legislatore ha affidato alla competenza esclusiva di commercialisti e avvocati.
La riforma fiscale ha infatti ampliato le semplificazioni e le premialità per le imprese che aderiscono al regime di adempimento collaborativo (attualmente riservato alle imprese con ricavi non inferiori a 750 milioni di euro, soglia che scenderà a 500 milioni nel biennio 2026-2027 e a 100 milioni dal 2028) a condizione che le stesse si dotino di un Tcf certificato da un professionista qualificato e indipendente.
Un passaggio, quest’ultimo, decisivo per il sistema Paese e per i professionisti abilitati. Per il sistema Paese, perché diffonde nel tessuto imprenditoriale italiano una cultura delle prevenzione nella gestione aziendale fondata su principi di trasparenza e collaborazione che, oltre a ridurre al minimo i rischi di natura fiscale, è anche funzionale per la salvaguardia della continuità aziendale, in una logica di coerenza e continuità con i nuovi istituti di prevenzione della crisi di impresa. Per i commercialisti e gli avvocati, perché attribuisce un riconoscimento di competenza tecnica esclusiva agli iscritti in questi albi professionali, senza creare surrettiziamente nuovi elenchi esterni agli albi stessi, e senza privilegiare requisiti dimensionali di struttura che escluderebbero a priori moltissimi studi di minori dimensioni, ma non per questo di minore qualità.
Ma quel che più conta è che tale competenza esclusiva sia stata riconosciuta a commercialisti e avvocati anche per le imprese che, non avendo i requisiti dimensionali per accedere alla cooperative compliance, decidano volontariamente di dotarsi di un efficace sistema di gestione e controllo del rischio fiscale. Una novità della riforma molto importante, introdotta grazie al lavoro di grande sinergia tra il viceministro Leo e il Consiglio nazionale dei Commercialisti e che, con gli opportuni aggiustamenti sul fronte delle premialità da riconoscere a chi esercita l’opzione, sarà decisiva per lo sviluppo e la crescita del Paese in quanto permette di estendere il dialogo preventivo e la più moderna logica collaborativa all’ampia platea di pmi che rappresentano l’eccellenza del nostro tessuto economico e del Made in Italy.
Elbano De Nuccio è presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti