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Il disagio minorile nell’era digitale e il ruolo della formazione

Con le raccomandazione del 22 Maggio del 2018, il Consiglio dell’Unione Europea ha invitato gli Stati membri a stimolare, nell’ambito dei processi di apprendimento, tra le altre, l’acquisizione delle cosiddette competenze digitali, in quanto ritenute indispensabili, nell’ambito del quadro europeo delle qualifiche, per la costituzione di futuri profili professionali di qualità.

E’ incontrovertibile il valore, a supporto, di tali competenze richiamate, di guisa, l’Ordinamento Scolastico italiano ha recepito l’invito e, per l’effetto, i Piani triennali delle Offerte Formative delle singole istituzioni scolastiche annoverano piani strategici, curriculari ed extracurriculari, votati all’acquisizione e al potenziamento di precitate ‘soft skills’.

È superfluo rilevare che, nell’epoca digitale, non si può prescindere dall’utilizzo di strumentazione tecnologica, al fine di standardizzare e semplificare processi che, in caso contrario, sarebbero oltremodo complessi, articolati e rallentati. I fondi del Pnrr, Piano nazionale di ripresa e resilienza, sono utilizzati in tale direzione, creando, oltre il tempo scuola, degli spazi di apprendimento, confronto e interazione.

L’utilizzo del digitale, tuttavia, deve garantire un mero supporto e non deve stravolgere e comprimere l’operatività umana, l’autonomia della propria autodeterminazione e l’essenza della propria riflessione, evitando di traslare in un mondo virtuale a discapito della realtà fattuale.

La Scuola, attraverso il Corpo Docente di cui è dotata, ha un compito arduo e complesso, ovvero, quello di sensibilizzare la popolazione studentesca ad un uso consapevole, razionale e, soprattutto, non contrario alle leggi dell’intera strumentazione conferente la realtà digitale, onde evitare conseguenze che costituiscono gravame individuale e sociale. I latini affermavano sapientemente “in medio stat virtus’, richiamando un equilibrio che va sempre ricercato e rafforzato, evitando situazioni di confliggenza e, soprattutto, di squilibrio. La Comunità educante deve garantire, equitativamente, riflessioni e introspezioni che possano prevenire stati di eccesso ed eventuali conseguenze dannose, oltre ad evitare l’insorgenza di responsabilità penali.

Per definizione, l’Intelligenza artificiale, spesso abbreviata con l’acronimo A.I (Artificial Intelligence), è la disciplina che studia la riproduzione, mediante sistemi informatici, di meccanismi relativi alle facoltà cognitive degli esseri umani.

Secondo recenti studi statunitensi, una eccessiva assuefazione all’Intelligenza Artificiale potrebbe compromettere, sino al 55%, la connettività cerebrale, oltre a limitare l’apprendimento, il pensiero e la memoria. (Studi Mit di Boston).

Evitare tale dipendenza significa creare virtuosismo, andando al di là del virtuale e garantendo capacità di discernimento e orientamento. I Docenti, nell’ambito dell’espletamento delle loro funzioni, ai sensi e per gli effetti dell’art. 395 del Dlg.vo 297/94, devono osservare, rilevare e preservare quell’equilibrio tra uso e abuso.

L’abuso, oltre a determinare danni neurologici, può degenerare in fenomeni di cyberbullismo, quest’ultimi declinati, in ambito scolastico, nelle statuizioni della legge 71 del 2017 e successive modifiche e integrazioni. Il bullo, sempre identificabile all’interno del contesto classe, è stato soppiantato dal cyber bullo capace di occultare, in rete, la propria identità e agire indisturbato in maniera subdola e vile. Si opta per la diffamazione per mera scelta egotista e sadica di procurarsi piacere ingiustificato. La vigliaccheria dell’insulto anonimo diventa, in maniera distorta, ostentazione di coraggio, nell’ambito di un deprecabile ossimoro che crea malessere ed inquietudine, oltre a costituire reato.

Altro effetto dell’abuso è l’inesorabile distanziamento sociale che, talvolta, rende marginale il ruolo dell’adulto e dell’educatore, percepiti come inesistenti nell’ambito della realtà virtuale. Ed è proprio questa presenza che chi opera all’interno di una Comunità Educante deve riaffermare in uno spazio fisico esistente e condiviso, in quanto fughe dalla realtà portano al baratro. Il confronto, la tutela dell’essenza delle relazioni di prossimità sono cure rispetto all’evasione virtuale e ai suoi effetti collaterali. Una Comunità culturale deve abbattere gli abusi e le dipendenze, favorendo una conoscenza che sia orientativa e conferente alla realtà, oltrepassando l’effimere gioie e felicità di un modo parallelo, standardizzato, inesistente e appartenente alla dimensione virtuale. Le azioni da mettere in campo sono plurime e diversificate ma devono convergere, in maniera plastica e forte, per creare orientamento e avvicinamento, in una realtà che, purtroppo porta sempre più a rifugiarsi in dimensioni spazio–temporali inesistenti.

Ovviamente, il passaggio alla constatazione della realtà deve essere graduale e accompagnato, onde evitare brusche ed estreme reazioni da contatto. Arthur Scopenhauer nel suo pensiero filosofico, affermava che la realtà sia dominata dalla “volontà di vivere”, ovvero da una forza cieca e irrazionale che spesso è causa della sofferenza umana. L’individuo è sempre alla ricerca di soddisfazioni effimere ma, proprio per essere vittima di questa forza motrice disorientante, è destinato al dolore e alla sofferenza. Attualizzando tale pensiero è ragionevole ritenere che la serenità interiore possa essere ricercata e rinvenuta nella genuità dei rapporti di vicinanza, nel pragmatismo di una esistenza reale, oltrepassando il dolore riconducibile all’effimero del virtuale e inesistente. Riportare il protagonismo efficace delle giovani generazioni al centro dei processi di riqualificazione rappresenta un onore e un onere per gli adulti che da veri protagonisti, da veri orientatori non possono mai essere distanti e marginali. Solo così si potrà tentare di riportare in equilibrio una società talvolta distante e squilibrata. Dall’oggi si sedimentano e si architettano le traiettorie prospettiche, ponendo al centro le giovani generazioni, essenza e linfa del nostro impegno.

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