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Il dialetto? Radici parlanti: un patrimonio linguistico che investe nelle identità

Il valore del dialetto all’interno di una comunità è un argomento interessante e complesso, con molte sfaccettature. Valorizzare il dialetto di una comunità è più che un atto di preservazione linguistica; è un investimento nella conservazione dell’identità, delle storie, della diversità e della ricchezza culturale che definisce e arricchisce una comunità nel corso del tempo. Purtroppo, c’è ancora chi associa il parlare in dialetto all’ignoranza, ma questo è un pregiudizio del tutto sbagliato. Anzi, chi conosce e parla il dialetto possiede un patrimonio linguistico ben più ricco di sfumature e colori dell’italiano standard.

Questo non significa, ovviamente, che la valorizzazione delle parlate dialettali debba essere confusa con una sorta di chiusura autarchica. È possibile preservare e promuovere il proprio dialetto, mentre si incoraggia l’apprendimento della lingua nazionale o di altre lingue, utili e necessarie per il lavoro, gli scambi e per più ampie finalità di comunicazione. I dialetti spesso contengono termini e modi di dire unici, parole ed espressioni che sono state utilizzate nel corso dei secoli e che possono arricchire la lingua in termini di espressività e varietà lessicale. La perdita di un idioma può portare alla perdita di questa ricchezza linguistica. La diversità linguistica è un fattore di ricchezza del patrimonio culturale mondiale. Ogni dialetto rappresenta un modo unico di vedere il mondo e di esprimere idee, emozioni ed esperienze.

V’è da considerare che la lingua italiana, in fondo, non è altro che il frutto di parlate dialettali che hanno avuto più fortuna e v’è da aggiungere che senza i dialetti l’italiano sarebbe ridotto a ben poca cosa. Molte parlate dialettali, del Nord, del Centro, del Sud e delle Isole, hanno arricchito di una enorme quantità di parole la lingua italiana. Basti pensare, solo per riferirci all’area meridionale, a parole come babà, caciara, carruba, guappo, iettatura, lampascione, lazzarone, mozzarella, picciotto, pizzicare, scugnizzo, sfizio, smazzare, tarantella, traccheggiare, zangola. Ma il Centro e il Nord non sono da meno. Basti pensare al Ciao (originariamente un saluto informale veneto e toscano, ormai divenuto uno dei saluti più comuni in Italia e all’estero), al risotto (termine utilizzato per uno dei piatti tipici italiani, che proviene dal dialetto lombardo), alla parola papà, che sembra avere origine da alcuni dialetti emiliani e romagnoli), al panettone (il famoso dolce natalizio milanese, diventato un termine universalmente riconosciuto in Italia e all’estero). E si potrebbe continuare a lungo.

Se l’italiano fosse privo dei tanti termini dialettali che sono ormai entrati nell’uso corrente, la lingua sarebbe una lingua decisamente povera, meno evocativa e persino meno poetica. Il suono di una parola dialettale può evocare immagini, emozioni e sensazioni che un termine più neutro non riuscirebbe mai a suscitare. Molti dei termini dialettali che sono stati adottati nell’italiano standard esprimono concetti o situazioni con una precisione e una ricchezza di sfumature che altrimenti sarebbero difficili da rendere. Senza l’apporto di queste parole, la lingua italiana potrebbe sembrare più uniforme, ma perderebbe anche una parte significativa della sua ricchezza storica e culturale. L’italiano è una lingua che conserva tracce di tutte le regioni da cui è emersa, e i dialetti sono una delle principali fonti di questa varietà.

Senza l’arricchimento derivante dai dialetti, l’italiano potrebbe rischiare di diventare più “monotono” o meno ricco dal punto di vista espressivo. Invece, i dialetti hanno fornito al linguaggio una gamma più ampia di registri e toni, che spazia dal più colloquiale al più formale, a seconda delle esigenze del parlante e del contesto. La perdita di questa variabilità renderebbe la lingua meno versatile, limitando la possibilità di sfumature nella comunicazione.

I dialetti, pur essendo fortemente legati alle identità locali, hanno contribuito alla formazione dell’identità culturale nazionale. L’influsso dei dialetti nella lingua italiana ha dato luogo a una lingua che, pur nella sua unitarietà, riconosce e valorizza la pluralità regionale. In conclusione, senza l’apporto dei termini dialettali, l’italiano perderebbe una grande parte della sua ricchezza e varietà. I dialetti hanno avuto, e continuano ad avere, un ruolo fondamentale nell’arricchire la lingua, sia dal punto di vista lessicale che culturale. La lingua italiana, per quanto standardizzata, deve molto ai dialetti che, anche se non sempre riconosciuti ufficialmente, contribuiscono a darne un senso di “vitalità” e “immediatezza” che sarebbe altrimenti difficile da raggiungere.

Si comprende, in definitiva, quanto sia importante valorizzare il dialetto, anche per preservare il patrimonio identitario e storico-culturale di una comunità. Parlarlo e preservarlo contribuisce a mantenere vive le proprie radici culturali e storiche; molte storie, leggende e tradizioni sono tramandate oralmente attraverso il dialetto.

È altresì fuori d’ogni dubbio che la valorizzazione del parlato locale può contribuire all’inclusione sociale; può promuovere il senso di appartenenza ad una comunità e alla stessa nazione; può rivelarsi un mezzo per connettersi con le proprie radici e aiutare a comprendere meglio la propria storia familiare e quella della comunità di appartenenza. Il dialetto è anche un mezzo che favorisce la comunicazione intergenerazionale, in quanto permette alle generazioni più giovani di mantenere un legame con le generazioni più anziane; un mezzo per trasmettere conoscenze, storie e valori culturali da una generazione all’altra. Il dialetto è un mezzo di identificazione comunitaria: contribuisce a unire le persone in una comunità e creare un senso di appartenenza. Quando le persone parlano lo stesso idioma, si sentono più vicine tra loro e rafforzano i legami sociali.

Il dialetto è una fonte di ispirazione per tutte le arti: il cinema, il teatro, la letteratura, la poesia, il canto, la musica e per la creatività in genere. La sua valorizzazione può stimolare la produzione culturale locale e può addirittura diventare un elemento di attrazione turistica, strumento e veicolo di rigenerazione economica per una comunità.

Il patrimonio culturale o naturale di una comunità è costituito non solo da beni materiali (paesaggi, centri storici, monumenti, oggetti d’arte…), ma da un insieme immateriale di valori, comprese le nostre tradizioni culturali e la nostra lingua locale. Lo studio del dialetto, la sua comprensione, il preservarlo e parlarlo non è alternativo alla lingua italiana, ma è di sostegno e arricchimento alla grande valenza linguistica e storico-culturale della nostra lingua nazionale. In un mondo sempre più globalizzato, il preservare il dialetto può rappresentare un atto di resistenza culturale, sottolineando l’importanza di preservare e valorizzare ciò che è unico e specifico di una determinata comunità.

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