Un anno fa la città di Foggia si ritrovò al centro delle cronache politiche nazionali perché le imminenti elezioni per il rinnovo dell’amministrazione comunale, dopo gli oltre due lunghi anni di commissariamento per infiltrazioni mafiose, videro uno scenario inedito, tanto che non pochi definirono quell’esperimento “un laboratorio”, soprattutto per il centrosinistra o Campo Largo.
Per la prima volta, infatti, in un grande centro si sperimentava l’intesa tra i partiti classici del centrosinistra e il Movimento 5Stelle. Registi dell’operazione furono il vice presidente della Regione Puglia ed esponente di primo piano del Partito democratico, Raffaele Piemontese, e l’europarlamentare pentastellato, Mario Furore. I due, e con loro i dirigenti degli altri partiti e movimenti civici, per buona parte dell’estate incrociarono un braccio di ferro sul nome del candidato sindaco che avrebbe dovuto far sintesi dell’alleanza. La scelta cadde sulla titolare dell’ufficio scolastico regionale Maria Aida Episcopo, voluta da Furore e accolta dagli alleati.
In tanti, durante quelle settimane, pensarono a “una candidatura debole”, perché estranea sulle questioni politiche locali e acerba nelle dinamiche tra i partiti. Fu solo un attimo. Una volta investita del ruolo di front woman, la Provveditora mutuò il piglio manageriale con cui aveva guidato l’organizzazione scolastica della Capitanata nella campagna elettorale. Coinvolse un pezzo della società civile e soprattutto adottò la pratica “dell’inclusione”, riuscendo a tener dentro la coalizione grillini e renziani, calendiani e civici, movimenti e partiti, tanto da vincere le elezioni, grazie anche ai lunghi temporeggiamenti del centrodestra, al primo turno, nonostante vi fossero ben quattro candidati sindaco che correvano non solo per testimonianza, ma per vincere.
L’elezione di Episcopo diventò così un paradigma per le opposizioni al governo nazionale del centrodestra, guidato dalla premier Giorgia Meloni. La stessa segretaria nazionale dem, Elly Schlein, volle la prima sindaca di Foggia insieme con lei sul palco di piazza del Popolo poche settimane dopo il trionfo nelle urne quale testimonianza, appunto, che “uniti si vince”.
Cosa resta di quell’esperimento o “laboratorio” a un anno di distanza? A livello nazionale ci sono solo brandelli. Le intemerate del presidente del Movimento 5Stelle, il “foggiano” Giuseppe Conte, grande sponsor di Episcopo, in contrasto con i tentativi di costruzione di “un’alleanza larga” al posto dell’allocuzione “campo giusto”, coniata da Conte all’epoca delle elezioni foggiane, da parte di Schlein infiammano il dibattito. Allo stesso tempo, in Regione Puglia, dopo l’Aventino dei pentastellati a maggio scorso, in seguito alle inchieste sul Comune di Bari, e l’esclusione di Alleanza verdi e sinistra dal governo territoriale, il clima tra i potenziali alleati non è certo idilliaco.
Al contrario a Foggia l’intesa regge. Dopo un anno non ci sono, almeno pubblicamente, frizioni tali da ipotizzare rimpasti di giunta o fratture tra i componenti della coalizione. Un risultato che è da ascrivere non a un singolo o alla singola sindaca, ma a una scelta, da parte della maggioranza in Comune di amministrare senza grande clamore. Un passo alla volta, un punto alla volta, come si dice nel tennis. Anche i consigli comunali hanno il tratto del nuovo corso, avendo perso le intemperanza di un tempo quando erano teatro di proteste improvvisate da parte di gruppi organizzati che chiedevano sussidi, case, contributi, posti di lavoro pubblici. Persino le opposizioni, tranne quelle pittoresche, hanno assunto un modo di porsi realistico e moderato, visto che proprio Episcopo riesce quasi sempre a mediare. E allora, forse è proprio questo “laboratorio” che a livello nazionale dovrebbero mutuare. Lì dove primedonne e primiuomini vivono la politica come esternazione del proprio ego. Un “laboratorio” dove appunto dovrebbero “lavorare” per tutti, piuttosto che voler autoesaltarsi come étoile da operetta.