Pippo Baudo non c’è più ed è successo davvero. La sua morte, che rappresenta un lutto nazionale non solo per la tv e il mondo dello spettacolo, ha aperto di fatto in tutta Italia un lungo addio, con la camera ardente allestita a Roma nello storico Teatro delle Vittorie.
Ma il presentatore siciliano arrivato a Roma da Militello in Val di Catania – dove verrà seppellito – è stato molto più di un volto noto della televisione, perché nel corso di una carriera durata oltre sessant’anni, si è imposto come protagonista e innovatore, uno che non si accontentava del già visto e che, talvolta con piglio pungente, lanciava provocazioni come: “ma troviamoli, questi giovani” quando gli si chiedeva nel corso delle interviste di lasciare spazio alle nuove leve. Una battuta-risposta che celava un invito alla qualità e alla sostanza, non al semplice turnover anagrafico.
La figura di Baudo era saldamente legata al costume italiano: scopritore di talenti come Heather Parisi, Lorella Cuccarini, del trio Marchesini-Lopez-Solenghi e persino della cantante Giorgia (solo per citarne alcuni) ma anche capace di bloccare in diretta, chi non portava contenuto vero.
Memorabile fu l’uscita dallo studio televisivo della nota psicologa Maria Rita Parsi, nel corso della trasmissione Novecento, messa alla porta proprio dal Pippo nazionale per un attacco frontale sulla partecipazione dei minori in tv, considerata fuori luogo nell’alveo del suo show. Era una forma di rigore, il suo, non ostentato, che mirava a preservare dignità e autenticità nel “servizio pubblico” televisivo, e che oggi può essere letto come una forma di avanguardia culturale. La sua stessa televisione – da Sanremo a Settevoci, negli anni Sessanta, Settanta, Ottanta fino agli ultimi sprazzi nei Duemila — era una macchina narrativa, ma con un’anima: insegnava, emozionava, spingeva lo spettatore a riflettere, non solo a intrattenersi.
In tempi in cui molti rincorrono la televisione superficiale, Baudo col suo essere colto, elegante e dinamico, ha rivendicato il valore del “servizio utile”: una sfida che resta attualissima. E poi c’era il coraggio, il suo, quello di prendere decisioni anche importanti, come quando dopo essere approdato alle reti private di Berlusconi dopo poco tempo sciolse anticipatamente il contratto rimettendoci una penale non da pochi miliardi di vecchie lire…chi lo avrebbe fatto oggi?
Negli ultimi mesi, però, la malattia lo aveva reso sempre più fragile fisicamente ma non mentalmente, come rivelato dall’amico e storico avvocato dei vip Giorgio Assumma, nello scorrere lento delle giornate passate in casa. Un ritmo lento che sembrava lontano dal Pippo energico e creativo conosciuto da molti, ma forse ancora più vicino alla sua visione della televisione di oggi: un palco irripetibile, dove il tempo contava, e dove ogni parola, ogni gesto doveva essere significativo, chiaro e gentile.
Oggi, l’Italia che piange Baudo – dai colleghi come Carlo Conti, Fiorello, Valeria Marini, Roberto Benigni, fino al Presidente Mattarella – sottolinea la sua grandezza e il segno che ha lasciato nella memoria collettiva. Ma forse è proprio questa dimensione di non compromesso, di tensione verso un’idea alta di televisione – che contestava l’ovvio, esigeva autenticità, denunciava la tv che “non produce un servizio utile” – che oggi appare come un tratto di avanguardia emerso con maggior rilevanza.
Addio a Pippo Baudo, dunque, maestro elegante e battagliero, e che il suo invito “troviamoli, questi giovani” continui a suonare, non come una sfida al numerico ricambio generazionale, ma come chiosa: chi è disposto a pensare, raccontare, servire davvero? Oggi il testimone passa nelle mani di chi saprà rispondere con la stessa intelligenza e passione.