«Vincenzo sei uno di quelli che ha contribuito a far fare a Foggia una pessima figura».
Così mi risponde un assessore del Comune del capoluogo daunio in riferimento alla rinuncia di Felice Limosani a realizzare i due «Cuori pulsanti».
Sinceramente, sono rimasto dispiaciuto per questo ennesimo arroccamento in difesa di una posizione incomprensibile riguardo il posizionamento dell’installazione artistica di Felice Limosani, così come per la difesa del mantenimento dell’anonimato.
Personalmente, ritengo estremamente preoccupante il tema dell’anonimato dei mecenati. In una città come Foggia, che ha vissuto lo scioglimento del consiglio comunale per mafia, è fondamentale che ogni iniziativa destinata alla comunità avvenga alla luce del sole. Ecco perché mi sento fortemente perplesso riguardo a questa scelta e desidero risottolineare alcuni punti:
- La trasparenza
La trasparenza come imperativo. In una città segnata da episodi così gravi, la trasparenza deve essere la regola, soprattutto quando si tratta di donazioni alla collettività. Operare in piena visibilità non è solo un dovere, ma anche un segnale di rinascita. Dunque, evitare dubbi e sospetti. La trasparenza è l’unico modo per prevenire illazioni e sospetti in una città che ha già visto troppa cementificazione incontrollata. - L’opportunità
Un’opportunità per il cambiamento. Se queste donazioni fossero fatte in modo trasparente, rappresenterebbero un chiaro segnale di miglioramento rispetto al passato, dove raramente abbiamo visto l’imprenditoria locale impegnarsi in iniziative di mecenatismo urbanistico. - Le identità
Ovvero conflitti d’interesse. Se non conosciamo l’identità dei mecenati, come possiamo escludere la possibilità di conflitti d’interesse? In un contesto così delicato, l’anonimato non è una strada percorribile. Per non parlare del fatto che l’opera non poteva essere collocata nel parco in quanto in contrasto con i vincoli di tutela dell’area. Il fatto che, come amministrazione, non vi siete aperti a una serena discussione con tante associazioni e parti della società civile non è stato un bel segnale.
Infine, sinceramente, non comprendo perché abbiate voluto spostare quest’opera, che originariamente era destinata a uno degli ingressi della città, oggi visibilmente degradati.
Ricollocarla in un parco soggetto a vincoli e in un contesto che vedrà la crescita di alberi alti oltre 20 metri appare poco lungimirante. Per questo, caro assessore, il motivo per cui non solo io, ma un ampio gruppo di associazioni e cittadini attivi nel tessuto civile della città, ha bocciato questa vostra visione – visione che, da quanto capiamo, non è condivisa da uno dei principali partiti della coalizione di governo, né da diversi altri partiti che hanno sostenuto la sindaca.
Mi permetto quindi di ripeterti: non arroccatevi su posizioni rigide, ma apritevi al confronto. Per un’amministrazione progressista, il dialogo deve essere un valore fondamentale.
Come sempre, ritengo sia necessario che la politica che governa questa comunità si interroghi e faccia tesoro dei propri errori.
Vincenzo Rizzi è naturalista